lunedì 30 agosto 2021

La morte non è più morte

1 Tessalonicesi 4,13-18 e Luca 4,16-30


Nessuno parla volentieri della morte, nessuno si reputa capace di dire a un malato terminale che sta morendo. La ragione non è tanto per il bene dell’ammalato, ma perché noi stessi non vogliamo pensare alla morte. La parola morte difficilmente fa parte del nostro vocabolario, anzi cerchiamo espressioni diverse per dirla senza citarla: è partito da noi, è mancato ai nostri affetti, è in cielo ecc ... In definitiva abbiamo paura di confrontarci con la morte, la nostra è quella degli altri. In un credente questa paura permane quando non abbiamo in noi una speranza reale. 1 Tessalonicesi, attraverso le parole di Paolo, dopo aver ampiamente trattato dell'amore per Dio e tra i fratelli, si concentra nel cercare di dare consistenza (l'importanza di non restare nell'ignoranza) al contenuto della vita eterna. Vincere la paura della morte cercando di capire cosa succede dopo la morte, affinché possiamo avere pace quando ci troviamo ad affrontare la morte, sia la nostra che quella dei nostri cari. Paolo sposta il centro di osservazione dal morire all'essere in Cristo per sempre. La morte in sé tende a offuscare e spegnere il desiderio di essere con il Signore; tutta la vita credente è un cercare di vivere in pienezza la relazione vera con il Signore, in ragione di lui vivo è risorto, ma ecco che la morte, improvvisamente, quasi cancella ogni traccia della tensione alimentata in una vita intera.
È questo esito disarmante e drammatico che Paolo cerca di farci comprendere per poterlo evitare, ricentrando il nostro sguardo sulla pienezza di vita che sappiamo riconoscere se uniti a Cristo vivo.

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