venerdì 3 dicembre 2021

Siamo ciechi anche noi?

Isaia 29,17-24 e Matteo 9,27-31


Oggi come allora, essere cieco voleva dire sperimentare una grandissima limitazione che rende la vita estremamente difficile. Anche se oggi attraverso provvedimenti legislativi e strumenti tecnici e tecnologici l'esistenza ne viene comunque migliorata, essere ciechi condanna ad una esistenza nel buio. La cecità fisica fa specchio alla cecità nel credere, all'esperienza del buio della fede, del non vedere Dio. Non posso e non riesco ad immaginare ciò che esprimo con le parole, ma l'immaginare di essere immerso nel buio più assoluto, mi trasmette un senso di profonda desolazione e di assoluta incompiutezza. Ma se questo è, essere ciechi nella realtà della natura, cosa è esserlo rispetto alla fede, rispetto alla percezione di Dio? Accade allora che dobbiamo ammettere anche la nostra completa incapacità di vedere Dio, forse ci accostiamo a lui in molteplici tentativi dati dalle pratiche religiose e di devozione, oppure attraverso la preghiera e la meditazione, ma vedere Dio è un'altra cosa? Mi torna in mente il brano del Vangelo dove Filippo chiede a Gesù: "... mostraci il padre e ci basta!" La risposta di Gesù fu:"Filippo chi vede me vede il Padre!" Ora, ciò che Gesù risponde a Filippo serve anche a tutti noi "ciechi" del quotidiano. È il riferimento a Gesù, è il legame con la sua vita e la sua persona, è la fede che riponiamo in lui che riempie di senso la nostra tenebra, il buio della nostra cecità. Ai due ciechi Gesù dice: "Avvenga per voi secondo la vostra fede", cioè afferma che tutto, ma proprio tutto ciò che avviene nella vita dipende dalla fede in Lui, da ciò che crediamo di Lui, da come lo crediamo, da quanto lo crediamo e soprattutto lo amiamo.

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