venerdì 4 gennaio 2019

1 Giovanni 3,7-10 e Giovanni 1,35-42
Dove dimori?

Domanda di imbarazzo dei due discepoli quando Gesù sentitosi seguito li chiama allo scoperto: "Che cosa cercate?"
Ciascuno di noi, nel momento stesso in cui nasce nel tempo, inizia una ricerca, quasi compulsiva, di sé stesso, della propria identità, del proprio cammino, della propria storia.
È proprio la ricerca di senso ciò che più di tutto caratterizza la nostra natura umana! L'evangelista Giovanni trasfigura le modalità di questo incontro mettendo in rilievo come la ricerca di ciascun uomo, qualsiasi essa sia, è mossa dalla sua originale provenienza da Dio. Di fronte alle parole di Giovanni Battista, Andrea e l'altro discepolo, non rimangono indifferenti; quelle parole sono come "un'esca" che provoca e attrae a sé: la nostra vita non basta mai a se stessa, essa cerca sempre il suo compimento. Ecco allora che la risposta alla domanda dei due discepoli significa ben di più di una indicazione residenziale e di luogo; essa esprime il dove possiamo stare con il Signore, sempre; con la certezza di trovalo e di condividere il tempo, e la storia della nostra vita. In realtà è presso di loro che Gesù vuole prendere dimora: "venite e vendrete!" Vi stupirete che io (il Signore) dimoro in voi e voi in me! Ma se ogni uomo è dimora di Dio, sono inaudite le conseguenze! A scanso di fraintendimenti: Gesù dimora in ogni fratello che è generato da Dio (chi è mio fratello?). Infatti chi è generato da Dio ha in se il "germe divino" inestinguibile, che rimane in lui (egli dimora in noi). Per questo la prima lettura toglie ogni dubbio sulla spregiudicata e falsa giustizia umana: "chi non pratica la giustizia non è da Dio, e neppure lo è chi non ama il suo fratello" (... non amiamo a parole, ma nei fatti e nella verità).

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