domenica 20 gennaio 2019

Is 62,1-5; Sal 95; 1Cor 12,4-11; Giovanni 2,1-12
E che tutta l'acqua diventi ottimo vino

Le nozze di Cana, inizio dei "segni", non dei miracoli, ma del farsi vedere di Dio. Inizio del cammino di fede che attraverso Gesù ci permette di gustare il vino della gioia; anzi ancora di più, questo cammino, fa di noi, servi che portiamo solo acqua, dei ministri/discepoli della gioia, coloro che portano il vino del Regno dei cieli.
Alle molte immagini e spiegazioni di questo Vangelo, il ruolo dei servi/ministri e dei discepoli che credono in Gesù, mi convince nel ricercare in questa parola il senso della missione che riceviamo per il nostro tempo, per il nostro quotidiano: noi, insieme e uniti a Gesù ministri/ servi della gioia.
Io non sono solo uno che crede, io non sono solo un praticante di belle idee e di buone cose ... Insieme all'acqua di Cana io stesso vengo trasformato in servo del vino buono, del vino della gioia di Dio.
Questo permette a tutta la nostra acqua di potere diventare vino. Ecco la novità di cui siamo capaci quando facciamo ciò che ci dice Gesù ... Quando facciamo il Vangelo ...
L'acqua rappresenta la realtà di oggi con tutte le sue verità e contraddizioni. L'acqua è il bisogno di giustizia, di uguaglianza; l'acqua sono le incomprensioni e le divisioni di una comunità; l'acqua sono i bisogni dei poveri e degli scartati; acqua sono il grido e la straziante sofferenza di 117 naufraghi che nelle acque salate e amare del mare, ieri hanno trovato la morte e non l'accoglienza dei fratelli. Acqua sono i migranti, i profughi e coloro che non hanno più patria e casa; sono acqua i nostri progetti e le nostre catechesi che non convincono; acqua è la necessità di comunione e il bisogno di accogliere. L'acqua esprime tutto il nostro vissuto.
La morte di 117 naufraghi (uomini, donne e bambini) è una bestemmia contro il cielo, contro Dio. Oggi la nostra acqua non si è trasformata nel vino della gioia, è rimasta acqua ... salata e amara ... Un'acqua imbevibile ... Acqua di morte. Non può essevi gioia per  nessuno, non può esservi festa per nessuno, quando un uomo muore perché vittima degli egoismi politici e dello scontro tra i potenti del mondo.
La Chiesa, i discepoli di Gesù sono tutti coloro che, oltre ogni speranza, raccolgono l'acqua buona e meno buona e la portano al Signore perché diventata il suo vino possa essere dato a tutti, e così già oggi nel tempo possiamo pregustare, nella bontà del vino, la gioia della festa delle nozze eterne.
Leggevo una cosa che mi ha colpito: "Non è il pane che viene a mancare, non il necessario alla vita, ma il vino, che non è indispensabile, un di più inutile a tutto, eccetto che alla festa o alla qualità della vita".
Come dire che per la gioia della vita occorre il vino di Dio, il vino della gioia che noi ministri/discepoli/ servi possiamo dare al nostro quotidiano, il vino passa anche attraverso di noi! Come dare allora gioia al nostro mondo, al nostro oggi?
Il segno di Cana nasce come risposta di Dio alle nostre mancanze ... è comunque la risposta che tutti si attendono perché ciascuno, in coscienza cercherebbe di risolvere qualsiasi situazione che rischia di precipitare nell'imbarazzo: "non hanno più vino". 
Nel segno di Cana, Gesù si compromette; alla fine mostra la normalità di un Dio che ci è Padre, che ha a cuore la nostra gioia ... e che dona la sua vita per superare il limite insuperabile di ogni uomo: "l'uomo consuma e finisce l'amore, Dio no!"
Se vogliamo essere discepoli di Gesù, dobbiamo anche noi superare ogni riluttanza e titubanza e compiere quei gesti della vita che sono capaci di superare le carenze introducendo la novità della gioia così come Lui ci ha insegnato. Per questo i discepoli oggi sono i portatori/dispensatori/ministri/servi di quella gioia che è la vita di Dio.
Dio è l'unico che può trasformare il nostro "umano" e renderlo capace di un amore grande; trasformare la nostra acqua frustrante, cinica e disumana che sempre trova eco nelle nostre carenze e debolezze, nel vino che è la possibilità di amare e gioire, nella festa di Cana, che è per tutti.

1 commento:

  1. SOLO GESU' PUO' TRASFORMARCI
    Sei persone, sorprese dal caso nel buio di una gelida nottata su un'isola deserta, si ritrovarono ciascuna con un pezzo di legno in mano. Non c'era altra legna nell'isola persa nelle brume del mare del Nord.
    Al centro un piccolo fuoco moriva lentamente per mancanza di combustibile.
    Il freddo si faceva sempre più insopportabile.
    Accanto a quel fuoco c'era una donna. Un guizzo della fiamma illuminò il volto di un immigrato dalla pelle scura. La donna se ne accorse e strinse il pugno intorno al suo pezzo di legno. Perché avrebbe dovuto consumarlo per scaldare uno scansafatiche venuto nella sua terra a rubare pane e lavoro?
    L'uomo seduto accanto a lei vide una persona che non simpatizzava per il suo partito. Mai e poi mai avrebbe sprecato il suo bel pezzo di legno per un avversario politico.
    La terza persona era vestita malamente e si avvolse ancora di più nel giaccone bisunto, nascondendo il suo pezzo di legno. Il suo vicino era certamente ricco. Perché doveva usare il suo ramo per un ozioso parassita?
    Il ricco sedeva pensando ai suoi beni, alle due ville, alle quattro automobili e al sostanzioso conto in banca che lo aspettavano. Doveva conservare il suo pezzo di legno a tutti i costi e non consumarlo per quei pigri inetti da cui si sarebbe allontanato ben volentieri.
    Sul volto scuro dell'immigrato si dipinse una smorfia nella fievole luce del fuoco ormai spento. Stringeva forte il pugno intorno al suo pezzo di legno. Sapeva bene che tutti quei bianchi lo disprezzavano. Non avrebbe mai messo il suo pezzo di legno nelle braci del fuoco. Era arrivato il momento della sua vendetta. L'ultimo membro di quel mesto gruppetto era un tipo gretto e diffidente. Non faceva nulla se non per profitto. Dare soltanto a chi dà era il suo motto preferito. "Me lo devono pagare caro questo pezzo di legno", pensava.
    Tutte quelle persone furono ritrovate con i pezzi di legno stretti nei pugni, immobili nella morte per assideramento. Non erano morti per il freddo di fuori, erano morti per il freddo di dentro.

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