sabato 20 luglio 2019

Esodo 12,37-42 e Matteo 12,14-21
Vivere il presente di generazione in generazione ...

Il senso di queste parole, non sta nella ripetitività rituale, ma nella possibilità di unire il tempo presente, scendendo nella storia dell'umanità collegando ogni strato, ogni fase precedente e successiva. Questo ti porta a scoprire non tanto un punto di origine, ma soprattutto la relazione continua con il mistero di Dio.
Ciò che ha sperimentato Israele in 430 anni di "schiavitù" in Egitto è infatti di più dei lavori forzati. Il loro uscire è una esperienza di liberazione che si unisce alla identità di un popolo che sempre nomade, ha ascoltato la voce di Dio attraverso i propri padri, attraverso Abramo, Isacco, Giacobbe, ... Giuseppe ... Mosé! Ecco che la Pasqua diviene memoriale è condizione di un presente che continuamente proietta nel suo immediato futuro. Ecco che tutto è spazio della epifania di Yhwh. È in questa prospettiva che la stessa incarnazione del Figlio di Dio diventa qualcosa di straordinario, ma non per essere un evento fori dalla natura e dallo logica della scienza, ma perché diventa il centro del tempo, l'origine dell'universo; rappresenta il senso di una storia di salvezza che è anche storia degli uomini. Personalmente tutto questo da una grande consolazione e comprensione del memoriale eterno che è la vita nel tempo del Signore. È di questo memoriale che come discepoli siamo chiamati a custodire gli eventi che si succedono, fino anche alla passione, morte e risurrezione ... Ecco, ora possiamo ascoltare le parole del profeta Isaia: "Ecco il mio servo, che io ho scelto; il mio amato, nel quale ho posto il mio compiacimento. Porrò il mio spirito sopra di lui e annuncerà alle nazioni la giustizia. Non contesterà né griderà né si udrà nelle piazze la sua voce. Non spezzerà una canna già incrinata, non spegnerà una fiamma smorta, finché non abbia fatto trionfare la giustizia; nel suo nome spereranno le nazioni".

Nessun commento:

Posta un commento