domenica 7 luglio 2019

Is 66,10-14; Sal 65; Gal 6,14-18; Lc 10,1-12.17-20
La missione genera la gioia!

Chi di noi si sente in coscienza di dire a Gesù: "Signore ho seguito il tuo invito e sono andato per città e villaggi. Chi realmente sta facendo suo l'incarico che Gesù affida ai settantadue? Credo che molti di noi si nascondino dietro a quel "designò" ... quasi a giustificare sé stessi rispetto alla sordità alle sue parole. Quell'investitura rischia di essere l'ostacolo alla missione, all'essere Chiesa in uscita.
Quando smarriamo lo sguardo sul mondo che ha Gesù, siamo dei discepoli nei guai.
Gesù vede ogni uomo e donna, una moltitudine che è come la "messe è molta" e si interroga: "chi se ne cura?"
La pace, chi la porta, chi la condivide?
L'accogliere reciprocamente; il fare casa come disponibilità a superare il pregiudizio e le divisioni, chi lo insegna?
Della consolazione e del conforto a chi soffre, che deriva dalla misericordia e dall'amore di Dio, chi se ne fa carico?
Chi è disponibile alla lotta contro il male e alla vittoria come conseguenza della vicinanza di Dio alla vita dell'uomo?
Quando il nostro cuore si indurisce e lo sguardo si fa miope, sono le fragili logiche umane che prevalgono.
Il Vangelo ovviamente prefigura una condizione della realtà in cui il Signore agisce e si coinvolge, sconvolge e provoca i discepoli rispetto all'annunciare il regno, che diviene il loro agire, nelle stesse condizioni del maestro: "vi mando come agnelli in mezzo ai lupi ...; in ogni città dove stava per recarsi ...; consapevoli di non essere sufficienti, per questo occorre pregare: il numero inadeguato garantisce la forza dell'azione di Dio".
Ma la comprensione da parte dei discepoli, di questo invio, non risiede nelle parole del mandato, ma si acquisisce nell'esperienza di essere mandati. Ecco il punto di svolta, fintanto che non accolgo e sperimentato il mio essere designato e inviato, fintanto che non ne faccio esperienza non mi renderò conto del senso profondo e necessario che è portare agli uomini il regno dei cieli, quel regno vissuto da Gesù. Occorre fare esperienza per gustare e riconoscere: "I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome".
Certamente è una esperienza ai limiti, come è ai limiti essere "agnelli in mezzo ai lupi", ma questo non importa se ciascuno di noi percepisce la gioia che è "Vedere Satana cadere dal cielo come una folgore. (...) camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli". La gioia della missione, della Chiesa in uscita è la gioia della conversione dei discepoli, quella gioia che deriva dal sentirsi parte del regno dei cieli, di essere parte viva dello stesso annuncio.

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