lunedì 15 luglio 2019

Esodo 1,8-14.22 e Matteo 10,34-11,1
Discepoli prima del resto ...

Una cara persona mi citava questo proverbio: "la carne al diavolo e le ossa al  Signore" ... Essere discepoli rischia i essere l'esperienza conclusiva della vita, come l'eventuale apice al termine del percorso esistenziale. Tanto è vero che nel nostro quotidiano, la fede, il senso religioso sono relegati sempre più nella sfera del personale e privato, del riservato.
L'esperienza di Dio viene esiliata attraverso le moderne schiavitù del materialismo, dell'edonismo e dell'indifferenza. Le cose materiali riempiono i miei pensieri, e corrispondono ai miei bisogni; il piacer delle esperienze e delle persone è l'unico mio interesse; Dio è senza sapore, non mi serve, non serve a nulla. Tutti rischiamo di rendere la vita uno spazio di schiavitù dove produrre mattoni di fango e paglia per costruire - anche inconsapevolmente - città per altri. Una esperienza di profonda tristezza, solitudine, povertà e disumanità. Il discepolo di Gesù, impara, ogni giorno a immergersi, attraverso le Parole del maestro nella immanenza - presenza - di Dio. Dio non è l'oppio (la droga) per i poveri, e neppure la risposta alle mie fragilità.
Gesù mette il discepolo di fronte a una scelta di Dio, lascia sconcerti. L'esperienza di Dio richiede il contatto con la realtà, con la vita, consapevoli delle possibili incomprensioni; l'esperienza di Dio necessita di amore, non è un Dio dei precetti e della ragione, ma Dio si manifesta nell'amare, se non non è Dio; l'esperienza di Dio ci propone ogni giorno la croce come spazio di incontro tra Divino e umano, come esperienza estrema tra il discepolo e il maestro. Scegliere la croce è scegliere Gesù che ha fatto della croce il segno della radicalità dell'amore a Dio, del suo seguire la volontà del Padre fino in fondo, cioè farla liberamente sua.

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