venerdì 12 luglio 2019

Genesi 46,1-7.28-30 e Matteo 10,16-23
Di generazione in generazione ...

La storia di Giuseppe non solo si conclude con un lieto fine, ma con un gesto che vuole riconciliare la sofferenza e il dolore, di una ingiustizia subita con una immersione profondissima nell'amore di un padre che non ha mai cessato di sperare e amare il figlio che gli era stato portato via. Non è solo un genere letterario, ma tenere insieme la vicenda di un Clan famigliare nel suo migrare a causa della carestia o anche di altro, e il cammino umano che quel Clan è chiamato a fare per imparare la fedeltà al patto che Dio ha sigillato con Abramo, Isacco e ora in Israele viene ancora rinnovato: "Io sono Dio, il Dio di tuo padre. Non temere di scendere in Egitto, perché laggiù io farò di te una grande nazione. Io scenderò con te in Egitto e io certo ti farò tornare."
Anche Gesù, non nasconde la pericolosità di inviare i discepoli come "agnelli in mezzo ai lupi", non illude nessuno circa le prove che si potranno subire, eppure per tutti è la certezza che lo Spirito del Padre si rivelerà come forza e soccorso.
Come percepire, sentire e riconoscere la presenza di Dio in modo così esplicito, certo è consolante?
Non è raro provare confusione e smarrimento, oggi soprattutto  la vita riserva sorprese e amarezze; ma la fedeltà di Dio e a Dio, si rivela proprio nel non cedere totalmente il campo a una realtà priva di mistero. È necessario come discepoli che la nostra quotidianità sua spazio di confronto con la realtà, ma pure spazio in cui la realtà si confronta con la Parola di Dio, con la preghiera, con i segni della fede. Rinunciare a questa prospettiva significa rinunciare a essere discepolo di Gesù, "... rinunciare alla salvezza, per la perseveranza!"

Nessun commento:

Posta un commento