giovedì 9 gennaio 2020

1 Giovanni 4,11-18 e Marco 6,45-52
Dio rimane in noi!

A cosa serve amare? Serve a compensare un bisogno? Serve per dimostrare la nostra generosità e bontà? È una forma di autostima? È l'apice della nostra fragilità?
Questa frase di 1 Giovanni merita particolare attenzione: "Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui".
Amare non è il canto di vittoria; amare è altra cosa rispetto alla rivincita sul male e sulle sconfitte della vita. Amare serve a non dimenticare che tutto ha origine in Dio che è amore! L'amore serve a ricordarci che solo nella libertà di un cuore che accoglie - quell'esperienza di amore - germina e diviene fonte di vita. L'amore serve a generare la memoria del "da dove veniamo e dove andiamo".
Rileggo la pagina del Vangelo, quella della attraversata del lago di Galilea, come la drammatica esperienza dell'amare nella quotidiana esperienza del mondo. Quante volte infatti facciamo esperienza della durezza della vita, della violenza dell'invidia, della insensibilità di chi abbiamo accanto, e percepiamo inadeguati o una sconfitta ogni gesto che promuove l'amare, come proposta di superamento o di soluzione. Un amare che per noi è sempre una sconfitta. Ma in realtà l'amore non è sconfitto! L'amore vede la fatica di chi rema nella notte, vede la forza del vento contrario ... ma l'amore cammina sulle acque, e porta con sé quella "pace" che nessun altro ci può guadagnare. Il mare di Galilea resta quella realtà ambigua e drammatica, luogo di un'altra tempesta, ma l'amore, la l'amore di Gesù di rimanere con i discepoli non si estingue, non viene annullato.

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