mercoledì 8 gennaio 2020

1 Giovanni 4,7-10 e Marco 6,34-44
Amare è da Dio.

Ciò che rende la nostra natura umana, veramente umana è l'amore. È amando e lasciandoci amare che la nostra umanità si apre e dispiega tutte le sue possibilità.
Le nostre rigidità, le nostre oscure paure, le nostre incapacità relazionali ... Tutto questo sappiamo bene che è dovuto a ferite, a scontri, a delusioni rispetto all'amore sperato, ricevuto e donato. L'umano, nella sua straordinaria pienezza di vita e di possibilità, ha un punto di fragilità, ma che ne è anche il centro generativo, l'esperienza dell'amore.
È nell'amore e nell'amare che si impara a riconoscere Dio, dice 1 Giovanni: "amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore".
Anche Gesù vive nella sua persona (divina-umana) la stessa tensione "amorosa", la stessa compassione è espressione di un desiderio profondo di amore per supplire una fragilità vista e riconosciuta. La moltiplicazione dei pani, è proprio un bel miracolo, se pensiamo che quel pane è il modo in cui Gesù amando quella gente, dona la sua vita, cioè dona il suo stesso amore nel segno del pane. Ma non solo, egli coinvolge i discepoli, coloro che già hanno sperimentato l'amore, in un gesto di gratuità senza precedenti: mettere in gioco anche quel poco amore che essi possiedono (cinque pani e due pesci), perché l'amore sarà sempre sufficiente e anche più che abbondante.

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