venerdì 24 gennaio 2020

1 Samuele 24,3-21 e Marco 3,13-19
Una chiamata personale

Con quel "chiamò a sé quelli che volle", rischiamo spesso di farci l'idea di un gruppo di apostoli, funzionale alla missione che il Signore gli affida ed espressione di un nucleo che definiamo origine della Chiesa, smarrendo però la dimensione personale della chiamata da parte di Gesù. È quel: "quelli che volle", che trascuriamo o semplicemente comprendiamo solo parzialmente come espressione di volontà e di libera scelta preferenziale da parte del Signore. Oggi vorrei soffermarmi invece sulla singolarità di cui si compone questa scelta particolare a costituire il gruppo dei didici. Essi non sono dei privilegiati rispetto al resto che sembrerebbe essere a questo punto scartato. Questa sarebbe la visione tipica della logica aziendale e selettiva di un ufficio "personale". Nella situazione del Vangelo, la chiamata ad essere gruppo è l'espressine di relazione profonda e feconda; dice la cifra dell'amicizia con il Signore. Gesù non è il superiore di una congregazione religiosa, come neppure il maestro che in cattedra insegna ed elargisce il tesoro della sua sapienza; non possiamo dimenticare cosa disse e fece Gesù (cap. 13 del Vangelo di Giovanni) nell'ultima cena: lavò i piedi ai discepoli; si mise a servirli e lì chiamo amici.
Ecco allora che quel "chiamo quelli che volle" anticipa esprime e riassume quanto dice subito dopo: "Simone, al quale impose il nome di Pietro, poi Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè “figli del tuono”; e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo, figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì". Li chiamò uno per uno, ciascuno con la personale e per la singolare storia ed amicizia con Lui. 

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