venerdì 10 gennaio 2020

1 Giovanni 4,19-5,4 e Luca 4,14-22
La nostra fede vince il mondo ...

"Io vivo le mie cose, le mie giornate e sto bene anche senza Dio, anzi, tutto quello che faccio lo faccio indipendentemente dal pensiero che ci sua un Dio e il risultato è che vado bene ugualmente, non mi cambia nulla". È questa la risposta di un giovanissimo, rispetto alla provocazione lanciata dagli educatori per un Natale vissuto senza nessun riferimento a Gesù. Abituati alla "società cristiana", il suo capovolgimento lascia - noi adulti - alquanto disorientati. Certe espressioni suonano come una sconfitta della fede, e soprattutto ci parlano di una indifferenza, rispetto non solo al mistero cristiano, ma soprattutto al senso di Dio. Abbiamo forse esagerato, rivestendo Gesù di una immagine eccessivamente carica di significati. La trasformazione della fede in una "Religione di Stato" non ha fatto bene al cammino dell'uomo in cerca di Dio. Che cosa è la fede, se non un cammino di ricerca attraversando gli spazi della propria esistenza? Ma la ricerca da cosa parte? Parte da una provocazione? Parte da un desiderio irrisolto? Parte da un bisogno di pienezza? Parte dalla nostra stessa umanità che dopo essersi fatta tutta da sé si riconosce inadeguata e riconosce inadeguate le risposte trovate?
Gesù torna in Galilea e sale a Nazareth, quel sabato legge il rotolo e cita il passo di Isaia concludendolo con: "Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato".
Gesù non si crede "il fenomeno" e neppure la soluzione attesa da tutti; egli si percepisce parte nel compimento delle scritture, come colui che fa della sua vita l'annuncio di libertà, la possibilità della guarigione delle nostre cecità, ma soprattutto egli si sente partecipe dell'agire dello Spirito ... che vince il mondo. Il mondo, la nostra vita non è di per sé evidenza di Dio, ma il mondo e la nostra vita rappresentano lo spazio della vittoria della fede. Il mondo cambia, e anche ma nostra vita cambia, se è vinta da un fascino maggiore rispetto a ciò che con le nostre mani siamo capaci di realizzare. Ecco che la provocazione ad amare rappresenta la via per scendere nel nostro profondo alla ricerca di Dio. È questo Dio nascosto che solo allora potremo riconoscere come Signore di tutte le cose.

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