lunedì 13 aprile 2020

Atti 2,14.22-33 e Matteo 28,8-15
Radicati in Galilea

La Galilea era la terra più lontana dalla sacralità del Tempio di Gerusalemme, oltre ad essere la terra di origine di Gesù e del gruppo dei suoi discepoli, erano tutti o quasi "Galilei". Con un certo disprezzo e discredito, questa lontananza viene più volte rimarcata nei vangeli, e anche quando si dice di Gesù che è un Galileo ... lo si dice con l'intento di screditare e di mettere in luce una appartenenza a un territorio di origine, estremamente "discutibile".
Oggi mentre tutta la macchina della ipocrita sacralità del Tempio - se così vogliamo definire l'insieme della classe sacerdotale e dei capi del popolo: il Sinedrio - riprende in mano la situazione dopo la Pasqua e cerca di gestire le conseguenze dei fatti accaduti, nel tentativo di eclissare l'esperienza di quel "Gesù"; il Signore Risorto inaugura i tempi nuovi e traccia i primi passi del cammino dei suoi discepoli. Tornare in Galilea, la lo vedranno! Tornare nelle loro case, tra la loro gente, tornare a incontrare quelle persone che hanno conosciuto Gesù per i segni da Lui compiuti; per il pane e i pesci mangiati; per le parole ascoltate con meraviglia, parole che entravano nel cuore ...  luoghi dove Gesù ha detto a ciascuno di loro: "seguimi"!
Tutto questo è la Galilea, e anche altro; certamente non è solo l'impura regione geografica di cui si fa menzione a Gerusalemme; ma è la terra di Gesù; ed è anche la periferia rispetto alla falsa sacralità e ai palazzi del mondo di oggi. In "Galilea" ci si immerge nel quotidiano, ci si rimboccano le mani e si lavora, come sempre, per annunciare e vivere il Regno di Dio. Ecco cosa significa tornare in Galilea per incontrarlo!

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