sabato 4 aprile 2020

Ezechiele 37,21-28 e Giovanni 11,45-56
Un santuario per sempre ...

La prima lettura di oggi risuona in modo stranissimo, ridotto alla impossibilità di accedere come "popolo di Dio" ai luoghi di culto, Chiese, Santuari ecc
Partiamo da una falsa preoccupazione, dopo la risurrezione di Lazzaro, che hanno i Sacerdoti, Scribi e Farisei, che travisa pure la Parola profetica di Ezechiele:"Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione". Quel "verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione", rappresenta una profanazione della certezza che è Dio che costituisce il popolo in nazione e che dimora in un santuario opera delle sue mani: "Farò con loro un’alleanza di pace; sarà un’alleanza eterna con loro. Li stabilirò e li moltiplicherò e porrò il mio santuario in mezzo a loro per sempre". È chiaro che non è univoco il concetto di tempio e di Santuario di Dio. Ridurre il popolo a un assembramento di persone non identifica il popolo di Dio ... Ricondurre il Santuario al tempio come edificio sacro, non corrisponde all'essere di Dio in mezzo al suo popolo per sempre. Alla fine, nel 70 dC e nel 135 dC, i Romani distrussero Gerusalemme e il Tempio e dispersero (diaspora) la nazione di Israele ...
Qual'è il Santuario? Dove è il popolo di Dio, la sua Nazione Santa?
Dice Ezechiele: "... io sono il Signore che santifico Israele, quando il mio santuario sarà in mezzo a loro per sempre".
È questo nostro tempo una prova, una sofferenza, ma sono convinto che Dio opera proprio nella sua creazione, come da sempre, e che la salvezza che Gesù ha realizzato vivendo e subendo la passione, morte e risurrezione, coinvolga anche il nostro oggi.
Ecco che la parole di Caifa sono vera profezia del Santuario che è Cristo, del sacrificio che è la sua stessa carne, del popolo santo che è il suo corpo, vincolo di comunione e unità: "Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi". Questo tempo serve a scrollarci di dosso certe strutture rigide di Chiesa, un certo modo di fare preghiere, di vivere i riti e la fede, per recuperare la mistica dell'appartenenza: "In mezzo a loro sarà la mia dimora: io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo", in Cristo questo è pienezza!

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