lunedì 27 aprile 2020

Atti 6,8-15 e Giovanni 6,22-29
Il cibo che rimane per la vita eterna ...

Il capitolo sesto di Giovanni è tutt'altro che facile; occorre prima di tutto capire se ci sono delle chiavi di lettura per muoversi dentro un discorso che si prolunga per circa cinquanta versetti. Una lettura affrontabile propone tre domande per stare di fronte al tutto:
1) Chi è Gesù, questo uomo che moltiplica il pane, cammina sulle acque ecc... e che ci parla di Dio?
2) Quale senso ha credere il Lui, per ciascuno di noi; crede che quelle sue parole incidono sul senso e sul perché della nostra vita, presente e futura?
3) Perché una pretesa (insistenza) così grande per il segno del pane, al punto di porlo quasi come discriminante rispetto all'essere con Lui o all'andarsene via da Lui?
Dare le risposte a queste domande significa entrare nella logica di questo lungo discorso di Gesù così come lo presenta Giovanni.
Lasciando a ciascuno le prime due domande, mi limito a cercare un po' di luce per la terza. Cosa è quel pane della vita che tanto sta a cuore a Gesù?
Quel pane condiviso, nel segno della moltiplicazione del pane, forse anche una moltiplicazione della condivisione, è già l'amore del Padre per ciascun. In quel lame c'è l'amore dei fratelli; in quel pane c'è la vita eterna. Se non comprendiamo cosa è quel pane, se non sappiamo cosa sia, e non tanto cosa rappresenta, quel pane non è nulla e si riduce alla sua composizione di acqua e grano macinato, o alle sue qualità esteriori. Gesù parte proprio da questo: abbiate cura, cercate, operate per il pane della vita ... Non per un cibo qualunque che alimenta, perché il pane, se è quello della vita eterna, è lui stesso in noi, come dono del Padre per vivere la comunione fraterna. Quel pane è una priorità ... Questo un po' tutti - preti compresi - dovremmo ridircelo, non è uno strumento di comunione, ma è la comunione e la presenza della vita eterna che dimora nella nostra vita. Nutrirsi di quel pane è nutrirsi di Cristo, nostra vita.

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