venerdì 3 aprile 2020

Geremia 20,10-13 e Giovanni 10,31-42
Ciò che fa la differenza?

Quanto narrato nel Vangelo di oggi, va ben oltre la ricostruzione storica o la cronaca di un avvenimento; alcuni "raccolsero delle pietre per lapidare Gesù"; altri, al di là del Giordano, "in quel luogo molti credettero in lui".
Di fronte alla persona di Gesù dobbiamo decidere se ci interessa trattarlo come uno dei tanti maestri di vita oppure se lo guardiamo per chi davvero è: il Figlio di Dio.
Il problema è esattamente questo: se Gesù lo si considera semplicemente un rabbì un po’ più originale degli altri, allora si può anche dire che l’originalità è andata un po’ troppo oltre. Ma se Gesù non è un rabbì, ma è il Figlio di Dio?
Rivelazione che Gesù, ad un certo punto inizia a confermare apertamente. Di fronte a questo, possiamo prendere da Gesù qualche insegnamento, qualche frase rubata al vangelo, una visione del mondo e della vita, un modo per sentirci meglio. Ma Gesù non è questo e non è venuto per questo. Egli è il Figlio di Dio e va accolto nella nostra vita come Figlio di Dio. Quando si arriva a questa consapevolezza, si arriva anche a prendere una posizione netta a favore o contro di Lui: "... raccolsero pietre per scagliarle contro di lui" (...) "Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani". Non è possibile una posizione neutra o attendista, tipo: "non essendo né caldi ne freddi (...) ma essendo tiepidi, veniamo vomitati". La non decisione determina una esclusione per allontanamento, in realtà genera l'auto esclusione, l'auto annullamento: i desideri si dissolvono, la speranza inaridisce, il cuore si raffredda, la propria natura umana si svuota del mistero.

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