mercoledì 9 settembre 2020

1 Corinzi 7,25-31 e Luca 6,20-26
La beatitudine ...

Quando mi sento beato? Quando percepisco che queste parole del Vangelo sono vere anche per me? 
La povertà di beni materiali, condizione di alcuni; ormai memoria di tempi passati; non ci trasmette più l'urgenza di un bisogno e anche di conseguenza, quella ricompensa che è il regno dei cieli. Ma che cosa è la povertà?
Più che una carenza, un bisogno da riempire o risolvere, la povertà può tradurre la nostra condizione umana, fragile e limitata. Essere poveri significa comprendersi nella propria creaturalità. Povero è chiunque rinuncia alla propria autoreferenzialità e autosufficienza riconoscendo che solo un "altro" può portaci a pienezza.
L'esperienza di povertà mi rende partecipe di un bisogno che va comunque colmato, se infatti rimane una povertà, non può che avvilire l'esistenza: ho bisogno di essere amato e di potermi donare. Gesù di fronte alla povertà, mette il "regno dei cieli"; ma che cosa è il questo regno dei cieli? Generalmente viene spiegato è rappresentato per immagini, per cui non è certo così facile riuscire a codificarlo. Certamente il regno dei cieli non è un surrogato ai nostri bisogni, ma sia nei contenuti che nelle immagini vuole esprime quella costante e permanente vicinanza di Dio Padre che porta a dare significato alla nostra esistenza. Ecco che povertà e regno traducono una dimensione necessaria al discepolo di Gesù, non tanto categorie sociali. È in questa dinamica di compimento che si genera la beatitudine del Vangelo: una vera felicità esistenziale. 

Nessun commento:

Posta un commento