venerdì 25 settembre 2020

Il senso del nostro fare ...

Qoelet 3,1-22 e Luca 9,18-22


Con una sorta di litania, Qoelet imprime alla realtà umana una suggestione sacrale, nulla è in sé stesso, nulla è a caso; non sono opposizioni o contrasti, sono compimento estremo di ciò che rappresenta l’esistenza umana. Ma tutto questo resta mistero, al punto che Qoelet si chiede: “Che guadagno ha chi si dà da fare con fatica?”
Domanda che possiamo interpretare, correttamente, come: “che senso ha il nostro esistere e il nostro fare quotidiano?”
La risposta di Qoelet resta avvolta dal mistero, non vuole essere una spiegazione, ma superando la pretesa della ragione, rappresenta un vero atto di fede: “Egli (Dio) ha fatto bella ogni cosa a suo tempo; inoltre ha posto nel loro cuore la durata dei tempi, senza però che gli uomini possano trovare la ragione di ciò che Dio compie dal principio alla fine.“
L'agire di Dio, comprende ogni atto della nostra esistenza; non solo include, ma il nostro agire partecipa di quello del creatore mettendo così in luce come tutto il creato è epifania di verità e di amore.
Questa esperienza di Qoelet non è molto diversa da quella di Francesco d’Assisi, espressa nel Cantico delle creature. La nostra apertura a ciò che “a suo tempo, Dio ha fatto bella ogni cosa”ci dispone all’urgenza della nostra “conversione ecologica”: essa significa prima di tutto scoprire, nella logica della “ecologia integrale”, che l’altro prima che davanti è dentro di noi, ci abita come emozione e come coscienza, come quell’”altro” senza il quale non può esserci alcun “io”. Da questo approccio si dispiega anche il nostro stare di fronte al creato alla natura, all’ambiente, alla difesa della vita e dei dei diritti umani e civili”.

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