martedì 1 settembre 2020

1 Corinzi 2,10-16 e Luca 4,31-37
Il Santo di Dio!

Santo; se sfogliamo un dizionario troveremo questa definizione: ... equivalente di sacro, riferito a ciò che è in rapporto con una realtà diversa da quella naturale e umana (opposto quindi a profano) ... o di ciò che, per comune consenso degli uomini, è venerato religiosamente o è considerato degno di venerazione. È proprio questa rigidità formale della santità che ci distoglie dal comprendere questa espressione riferita a Gesù, come qualcosa che è invece estremamente vicina e che ci riguarda profondamente. La Santità di Dio, in realtà è la sua più radicale vicinanza. L'essere Santo non significa separato e distante dalla vita degli uomini, ma possiamo e dobbiamo invece intenderla come vicinanza del mistero alla vita degli uomini.
"Che vuoi da noi, Gesù Nazareno?" Dice l'uomo posseduto dal demonio; è proprio il male che rivela e manifesta una umanità ferita e bisognosa di essere riportata nella condizione originale: scelta, voluta, amata dal Padre.
Ed ecco che "il Santo di Dio", che è Gesù viene ad abitare a Cafarnao, città del lago, dove avrà più impulso l'annuncio del regno dei cieli. Dio cerca l'interlocutore per eccellenza; meglio ancora quel Dio Padre che è all'origine dell'esistenza, si ricorda dell'uomo - opera delle sue mani - e in Gesù realizza quella vicinanza che traduce tutta la Sua fedeltà, il Suo amore la Sua predilezione. La Santità che è mistero stesso di Dio cerca la nostra umanità ferita, perché la nostra umanità non può esiste (essere una umanità viva) al di fuori della Santità del Padre.

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