giovedì 24 settembre 2020

Malinconia come un sogno al mattino ...

Qoèlet 1,2-11 e Luca 9,7-9

Eggià, come un sogno al mattino, di cui resta l'ultima immagine, ma prevale l'inconsistenza, prevale il suo dissolversi. È questa la condizione dell'umanità, come anche l'esserci di ciascuno di noi. È questo il sapore che resta del contatto con la realtà, che ci sfugge, che sembra più distante da noi di quanto noi siamo capaci di interagire con lei. Lo sfondo malinconico di Qoelet, non sembra conciliarsi con l'attesa messianica e con una narrazione della salvezza che si snoda proprio nel vissuto dell'uomo. Qoelet è veramente l'emblema del tentativo umano di leggere sapientemente la vicenda storica che ci accompagna, ma questo tentativo sembra ripiegarsi sulla nostra fragilità, e affida ad un Dio distratto, il grido di un uomo che rimane schiacciato da un pessimismo quasi leopardiano. Credo che questa condizione si addica a coloro che vinti dalla propria ansietà, schiacciati dai compromessi con la vita, non sanno gustare la sapienza che si innalza anche dalla nostra fragilità e miseria. La pazzia di Erode, il rimorso delle sue azioni, non sono forse lo spazio in cui la grazia di Dio propone agli uomini una ulteriore riflessione sulla salvezza che Dio opera con invisibile potenza attraverso il suo Cristo. Le domande che si affacciano nella mente e nel cuore di Erode, sono le domande che possono inquietare, come anche suscitare un desiderio autentico di conoscere Gesù, fino a superare la semplice curiosità e ad approdare alla vera appartenenza del discepolo. Questo processo è la conversione personale e quotidiana che i credenti sono invitati a fare, per giungere a comprendere la sapienza custodita nella realtà, quella stessa sapienza che Qoelet ha percepito, indagato, ma forse non compresa fino in fondo.


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