sabato 10 ottobre 2020

Beatitudine della "Parola"

Galati 3,22-29 e Luca 11,27-28

Nel dinamismo del capitolo undicesimo, due versetti rappresentano il piccolo seme di senape, il tesoro nascosto, la perla preziosa che testimonia la prossimità del Regno di Dio. La realtà non è solo scontro con il male, lotta al l'indifferenza circa il mistero o sfiducia circa il domani; una donna gioisce delle parole di Gesù, e benedice il grembo materno che l'ha portato! La risposta di Gesù è immediata: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!"
Anche di fronte al tentativo di accusare Gesù o di trovare appigli per farlo cadere in disgrazia, tutto in realtà è orientato a trovare nel Signore quella fede che attraverso l'ascolto della sua Parola genera la beatitudine come conseguenza del "mettere in pratica, o anche dal custodire" la Parola stessa. 
La nostra felicità è a partire dalla fede in Gesù. Essa non sarà mai il frutto del possesso delle cose, come neppure del piacere affettivo o del successo sociale, o del potere; la felicità/beatitudine è a partire dalla Parola che introduce nel mistero del Regno di Dio.
Fintanto che noi cristiani occidentali useremo a Parola solo per una spiritualità astratta e disincarnata, difficilmente percorreremo il cammino di beatitudine che è la quotidianità accompagnata dalla Parola. Un cammino che segna il progresso della propria fede, come anche la  maturazione della nostra umanità verso un traguardo che è l'amore vissuto verso Dio e i fratelli (tutti). Non è certo ideologia "bergogliana" lo sguardo amorevole sul fratello e la comprensione della realtà ispirata alla vita di Gesù.


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