sabato 24 ottobre 2020

Frutti per l'avvenire ...

Efesini 4,7-16 e Luca 13,1-9

Per capire questo brano di Vangelo occorre allargare la conoscenza circa la pianta del fico. Una pianta biblica, che insieme alla vite, all'olivo, al mandorlo, al melograno ecc ..., rappresentano la flora arborea principale della Palestina e della Mesopotamia. Certamente il fico assume un valore positivo: le foglie di fico coprono la nudità dei progenitori dopo il peccato; il fico nella dolcezza del frutto è simbolo della saggezza e sapienza; come pure diviene il simbolo di Israele e dell'era messianica ecc ..., ma anche della legge e della sua "bontà".
Premesso tutto questo, riprendiamo le parole di Gesù di fonte alla durezza di lettura degli eventi che segnano la vita di Gerusalemme. Durezza di Scribi e Farisei, ma non solo. Durezza di una gran parte della gente che esige, di fronte alle vicende drammatiche, la consequenzialità col peccato, quasi la certezza del castigo di Dio ... Gesù delude questa prospettiva, aprendo invece lo sguardo alla comprensione della storia e della sue vicende nella prospettiva della nostra conversione. È il nostro cambiare rispetto a ciò che accade che determina la novità e il superamento della drammaticità dei limiti. La conversione è per Gesù frutto della misericordia, del perdono e della pazienza; prima di tutto di Dio, poi di tutti noi. Questa trasformazione misericordiosa è il frutto di fico che nasce a partire da Israele, che può richiedere attesa prolungata, ma che è sostenuto da una attesa insieme ad una promessa: "Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti ..."
Forse è questa la chiave di lettura anche per ciò che accade oggi nella Chiesa e a partire dalla Chiesa. Non possiamo fermarci a Scribi e Farisei, ipocriti, che riconoscono solo l'assenza dei frutti, sperando in un rapido e risolutivo castigo divino.

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