giovedì 15 ottobre 2020

Guai a voi ...

Efesini 1,1-10 e Luca 11,47-54


"... Che uccidete i profeti ..." Il rapporto tra il popolo di Israele e i Profeti (uomini di Dio) non è mai stato di facile, ne in senso generale, ma neppure in quella relazione personale tra profeta e re, o singolo israelita. La relazione con il profeta conduce a un confronto che chiama sempre a un cambiamento, a una presa di coscienza, o anche solo al semplice riconoscimento di una infedeltà all'alleanza. Mentre la reazione alla Parola profetica si spinge anche fino alla soppressione del profeta per fare tacere la sua voce. Gesù lancia una accusa chiara ed esplicita rispetto al tentativo ripetuto delle varie generazioni di tacitare la Parola. Senza volerlo esprimere pubblicamente, egli sta affermando che le sue Parole sono sulla scia e compimento della profezia in Israele. L'atteggiamento manipolatorio o addirittura che mira a ridurre al silenzio la Parola di Dio è ciò di cui ciascuno deve verificare per se stesso. L'attualità di questo "guai a voi" si trasferisce dal contesto umano e storico di Gesù e raggiunge anche il nostro. L'uccisione dei Profeti è per noi l'indifferenza alla Parola, la mancanza di reazione esistenziale al Vangelo.
Faccio un esempio: il Vangelo ha una portata al di fuori del tempo e della storia, quindi investe anche la nostra epoca e la nostra quotidianità. Il magistero di Papa Francesco, nella sua ultima Enciclica - "Fratelli tutti" -, è stato molto criticato, soprattutto da certe correnti interne al cattolicesimo. Questa Enciclica, destinata a tutti, tra i primi ai cristiani, ha un orizzonte che è un invito a ogni uomo a riscoprire la fratellanza; con la certezza che il Vangelo ha un valore non solo religioso ma universale, e che se è buono per un cattolico, deve esserlo anche per un non credente. Attenzione alla Parola è anche accogliere un modo di entrare della Parola stessa attraverso un magistero del papa che magari è diverso dalle solite modalità ma che però non differisce dalla novità e verità del Vangelo. Negarlo ad ogni costo è sopprimere la possibilità della Parola, quasi come se gli costruissimo anche noi un sepolcro. La Parola non ammette pietre tombali.

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