martedì 13 ottobre 2020

Le nostre care ipocrisie ...

Galati 5,1-6 e Luca 11,37-41

Dal Vangelo comprendiamo il disappunto se non l'avversione di Gesù rispetto agli stili vita di scribi e farisei, agli stili di vita ipocriti, ma non per questo li escludeva dalle sue relazioni. Allo stesso modo con cui si intratteneva con pubblici peccatori, ugualmente con scribi e farisei. Il confronto con la vita degli uni, come degli altri era serrato. Cioè il confronto tra il "Vangelo" ( la parola annunciata da Gesù) e gli stili consolidati di vita non ammette tregue. L'ipocrisia infatti è come un'erba infestante (la gramigna) che si radica saldamente sotto traccia anche quando sopra il terreno viene estirpata è ridotta ai minimi termini.
L'ipocrisia dei farisei è diventata ormai un concetto stabile: vivere le regole religiose, in modo superficiale e apparente, ed essere poi incoerenti nel modo di applicarle alla vita.
Ma cosa c'è alla radice della ipocrisia? C'è la finzione, il sorridere fintamente; il voler bene finto; l'approvare per distruggere; il giustificare per poi criticare e il celare/nascondere sempre la propria idea, una finta timidezza che in realtà vuole dire: "non ti do il mio sostegno, il mio aiuto". Quanto male fanno questi atteggiamenti nella Chiesa e in particolare nelle comunità cristiane, nelle parrocchie e nei gruppi ecclesiali. Eppure, la nostra Chiesa oggi, vive il dramma della ipocrisia perché la fedeltà al Vangelo costa lo sforzo della conversione del cuore, unico rimedio alla ipocrisia. Gesù indica anche lo strumento principale del cammino di conversione: la carità, il dono e la gratuità; sono le armi che spezzano la catena della ipocrisia che diversamente toglie libertà e verità. 


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