venerdì 23 ottobre 2020

Io prigioniero del Signore ...

 

Efesini 4,1-6 e Luca 12,54-59

Le parole di Paolo dicono "semplicemente": sono completamente posseduto da Gesù! Essere del Signore, supera ogni appartenenza e affiliazione, come anche ogni omologazione. Paolo, mette di fronte alla nostra individualità narcisista, la presenza di Dio in noi; in ogni uomo, indipendentemente dalla sua condizione, cultura, religione e moralità, Dio è presente. La presenza non è una occupazione ma è il mistero insito nella stessa natura umana capace di esprimere quel dono di Dio che è la vita. Una vita che sboccia e rivela il mistero di amore che l'ha generata, diviene una esistenza umile, dolce e magnanima. È da questa condizione che la vita umana si percepisce come esistere in relazione con Dio e con gli altri, e nel persegue l'intima unità e comunione con il corpo di Cristo. Da questa appartenenza nasce ogni genere di discernimento. Fintanto che il discernere è solo un capire, come se dovessimo fare le previsioni del tempo (confronta il Vangelo), resterebbe una valutazione staccata dalla vita. Quando discernere è un atto esistenziale, tutta la nostra dimensione relazionale con Dio e con gli altri ne viene coinvolta: il discernere è lo sbocciare della vita, grazie alla propria prigionia in Cristo.


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