giovedì 1 ottobre 2020

Certezze nascoste, certezze sperate ...

Giobbe 19,21-27 e Luca 10,1-12


La certezza è che Dio non è come gli accusatori e neppure come gli “amici” di Giobbe; la certezza in cui Giobbe spera è che Dio alla fine di tutto si alzerà come suo difensore e lo solleverà dalla condizione straziante che ora lo tiene schiacciarono  a terra nella polvere.
Di fronte alle prove della vita, insieme al giudizio di molti che diventano i nostri accusatori, ciascuno matura dentro di sé l’attesa di una redenzione, il riconoscimento della propria giustizia o almeno innocenza; una redenzione attribuita a colui che sembra essere il nostro principale avversario Dio stesso, che ha permesso la prova e che ha lasciato che la realtà, con tutta la sua complessità ci umiliasse.
L’esperienza di Giobbe non è molto diversa da tante nostre esperienze, soprattutto quando anche noi, fidando nella comprensione degli amici, incassiamo il loro giudizio e la loro criticità. Ci aspettavamo comprensione e complicità, invece ecco che raccogliamo solo una malevola valutazione. È in queste situazioni che anche il riferirci a Dio non trova lo spazio per una nostra soddisfazione. È l’esperienza di solitudine e di vuoto che si crea intorno a noi, una sorta di sindrome depressiva che traduce l’allontanamento di tutti e la delusione per ogni relazione.
La speranza di Giobbe non si spegne neppure di fronte a questo vuoto, ma proprio da quello, ha la certezza che sarà Dio stesso il proprio vendicatore/redentore. Colui che mi ha umiliato sarà colui che mi salverà.
Il difensore di Giobbe, che di alzerà in questo dibattito processuale che ha visto tutto ricadere su Giobbe stesso, può essere solo Dio.
Giobbe ormai ridotto a pelle e ossa, vicino alla tomba, prostrato b no Ella polvere vedrà la parola liberatrice di Dio risollevarlo alla speranza. Questa speranza anticipa, anche per noi, l’incontro definitivo e finale con Dio. 

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