sabato 31 ottobre 2020

Per me vivere è Cristo ...

Filippesi 1,18-26 e Luca 14,1.7-11

Che cosa nascondono certe espressioni della lettera ai Filippesi?
Come può, uno come Paolo, arrivare a dire: "per me vivere è Cristo ... Morire un guadagno ..."
Lui che Cristo, lo ha perseguitato ... Lui che neppure lo ha mai conosciuto, non ci ha mai parlato.
Paolo a questa comunità (di Filippi) così amata, lascia quasi una memoria di se stesso, della sua vita. La sua conversione non è stata un passaggio da una fede ad un'altra, come neppure uno slancio di affetti e desideri emozionali; le sue parole lasciano intendere che incontrare Gesù, nell'esperienza viva dei discepoli, oltre che all'incontrare misterioso della "caduta da cavallo", abbi provocato interiormente uno scombussolamento tale per cui tutto è stato messo in discussione.
A me tutto questo suggerisce: Paolo vive l'esperienza, come se Cristo avesse cacciato fuori tutto e tutti dalla sua vita, e in una lotta corpo a corpo, il Signore avesse vinto ogni desiderio, progetto e resistenza. Espressioni come: "purché in ogni maniera, per convenienza o per sincerità, Cristo venga annunciato, io me ne rallegro e continuerò a rallegrarmene", mi suggerisce che in Paolo sua avvenuta proprio questa "devastazione esistenziale".
Credo che oggi dobbiamo chiedere a Dio, per noi, la stessa "devastazione", per poter gustare il desiderio di tornare ad essere discepoli di Gesù e soprattutto annunciatori con la vita della parola del Signore, del suo Vangelo; questo segnerà il rinnovamento della Chiesa e delle comunità di credenti.


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