martedì 27 ottobre 2020

La sottomissione ... La lievitazione ...

Efesini  5,21-33 e Luca 13,18-21


Che brutta parola è la sottomissione; suscita ingiustizia, sopruso, schiavitù, dominio, dispotismo, ecc... In una cultura come quella attuale in cui dire "fratelli" suscita da subito la reazione di rigetto, come se si stesse discriminando la parte delle "sorelle", l'espressione paolina della sottomissione al marito suona proprio male. Come intendere questo concetto? Mi sforzo di comprenderlo riferito alla gerarchia che si vive nella Chiesa. Chi è grande è servo di chi è piccolo, e ogni grado gerarchico ha relazione nella carità, con chi segue e chi precede. Se non fosse così, sarebbe un palese maschilismo. Ma se si tratta di gerarchia nell'amore, Paolo ha inserito nella cultura patriarcale-maschilista del suo tempo il principio gerarchico dell'amore, riferendolo a Cristo, che proprio perché ci ha amato fino al dono della vita, e ci ha salvati dalla morte eterna, a buon diritto ha ottenuto il primato di essere a capo di tutto. Lo sguardo del discepolo, allora, non può mai essere ideologico; la comprensione delle parole si accompagna alla rilettura nella fede. Se non fosse così, anche il regno dei cieli sarebbe frainteso come forma di proselitismo e di semplice crescita numerica; cosa ben diversa rispetto alla comprensione del regno come sua manifestazione, come sua capacità di coinvolgere e diffondersi nella realtà del mondo, appunto come il lievito nella farina: la farina resta tale, ma il fermento, genera la lievitazione, cioè una vera e "buona" trasformazione.

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