lunedì 5 ottobre 2020

La vita eterna

Galati 1,6-12 e Luca 10,25-37

Dopo i giorni della nostra vita, in cui tutto si percepisce in una successione di tempo, ciò che ciascuno attende è l'eternità: una sorta si esistenza che non finisce, una vita che non conosce il limite e la paura della morte. Questo dottore della legge - e forse anche buona parte di noi - è convinto che la vita eterna sia la conseguenza di uno sforzo morale, che permette di accedere a un diritto legittimo: l'eredità. Come scardinare questo "dogma" umano? Il dottore della legge conosce bene il cuore della legge, e crede che la vita eterna dipende dall'osservare e mettere in pratica i precetti dell'amore. Secondo molti è dal mettere in pratica, cioè dare vita a quei precetti, che si  giunge a sentire e gustare la vita come eternità. Ma dalle parole del Vangelo, si intuisce, che vita ed eternità non sono due realtà staccate, non sono la conseguenza, una dell'altra. Gesù porta il dottore della legge a confrontarsi sulla vita come relazione; e l'amore a Dio e al prossimo come superamento dell'egoismo e della indifferenza. Il prossimo non è l'occasione per compiere una buona azione, ma è relazione, è la vita che si affaccia alla mia, con tutto suo bisogno e la sua esistenza. Ecco che la vita eterna non è questione di tempo, ma di pienezza. La vita eterna, o la vita piena, si percepisce come desiderio e possibilità di amare. Chi non ama, non vive il tempo presente e neppure riesce a desiderare un amore che è per sempre.


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