domenica 19 settembre 2021

Chi accoglie un piccolo accoglie me!

Sap 2,12.17-20; Sal 53; Gc 3,16-4,3; Mc 9,30-37


Ad un certo punto Gesù inizia a raccontare ai discepoli una "storia" che essi non capiscono, perché non gli appartiene ancora, non ne hanno fatto esperienza. Non sarà mai facile prendere coscienza del destino di morte del Figlio dell'uomo, del loro maestro, dell'amico più caro.

Ma alla fine risulta altrettanto difficile da accogliere anche quanto Gesù ora sta cercando di insegnargli, arrivato a Cafarnao ed entrato con loro in quella casa di Pietro che è immagine embrionale della Chiesa, dove tutti sono fratelli e sorelle, chiamati a seguire il maestro e a dare senso attivo all'essere suoi discepoli.

Il tentativo di Gesù, ora è quello di cercare di mettere nel loro cuore non dei precetti, non delle regole, ma i suoi stessi sentimenti, il suo modo di accostarsi alla vita e all'esistenza.

Ma facciamo un passo indietro, torniamo sulla strada dove Gesù sta parlando di sé e del suo futuro, del suo andare a Gerusalemme dove "il Figlio dell'uomo sarebbe stato consegnato nelle mani degli uomini che lo avrebbero ucciso, ma che, una volta ucciso, dopo tre giorni sarebbe risorto". Ecco il mistero del figlio dell'uomo, il suo consegnarsi nelle nostre mani, cioè un darsi totale, il dono pieno della sua vita per riempire di vita ma nostra vita.

Commenta l'evangelista che "essi però non capivano queste parole" e avevano paura di chiedere spiegazioni.

Ma cosa implica accogliere la vita di Gesù, cosa provoca? Cosa significa per noi?

I discepoli, ascoltano le parole del maestro, ma le soffocano con le loro parole, ed ecco che emerge una idea più comoda e per loro più affascinante: "chi tra di noi è più il grande, chi il più importante? Chi ha più potere, fascino e autorità?

Gesù entrato in casa, pur con una certa disillusione riprende i discorsi fatti lungo il cammino. È ormai giunto nel cortile interno di quella stessa casa che sarà il germe della Chiesa, qui egli prova a insiste nello spiegare come si realizza il suo donarsi fino al dono totale di sé stesso e come è possibile accoglierlo da vero discepolo.

Geniale illuminazione, vede un bambino, lo chiama, lo abbraccia, e poi dice chi accoglie questo bambino accoglie me ...

Per accogliere il maestro, l'amico, il figlio dell'uomo, occorre avere quel sentimento con il quale Gesù ha accolto quel bambino ...

Gesù si dona a noi senza alcuna pretesa, si mette nelle nostre mani al punto che di lui possiamo farne ciò che ci pare. Gesù è realmente come un bambino, possiamo abbracciarlo con amorevole affetto oppure stritolarlo in un abbraccio possessivo ed egoista. Ma nonostante la nostra risposta, egli non cesserà mai di donarsi e di offrirci la possibilità di abbracciarlo come un bambino, che nella natura delle cose chiede solo amorevolezza e tenerezza, cioè accoglienza al suo abbandonarsi a noi.

Il secondo snodo che Gesù va a toccare è la conseguenza del suo darsi.

La conseguenza è vivere come discepoli, lo stesso modo di servire del maestro, che non è venuto per essere servito ma per servire. Servire i fratelli realizza la massima grandezza.

Ecco questo sta al cuore della esperienza dell'essere Chiesa. Non è una illusione e neppure una utopia, ma è il pensiero, lo stile e i sentimenti di Gesù rivelati lì dove nasce la comunità dei discepoli, a Cafarnao nella casa di Pietro. La Chiesa è custode attiva, propositiva e non conservativa del servire l'uomo nella carità di Cristo. È questo il suo obiettivo, il suo progetto il suo essere, con tutte le dinamiche e difficoltà che si possono incontrare nel realizzarlo, ma questo non ci deve spaventare, l'importante è cercare sempre la verità del servire: Essere ultimi ... essere servi di tutti.

Tenere al centro della nostra vita i piccoli, i fragili e gli scartati, i marginali. Essere ultimi con loro ... Questo è faticoso, perché in tutto ciò che viviamo sperimentano la tentazione e la pretesa di non essere ultimi ...

Essere ultimo nel pensiero di Gesù, non è una forma di umiltà, ma è essere all'origine di una catena di relazioni umane fondate sull'amore. Chi ama liberamente, senza contraccambi è ultimo, e si mette per questo all'ultimo posto, per potere così, amare tutti dal basso ... Chi ama per essere riamato, o ama per contraccambio, non riesce a stare all'ultimo posto.

Ma essere ultimo - per Gesù - traduce anche l'essere servo. Il servizio allora riassume per Gesù la normalità del suo modo di essere: ogni azione è servire; ogni prendersi cura è servire; ogni accoglienza è servire ...

Il discepolo, non deve mai dimenticare che la sua sequela di Cristo lo porta inevitabilmente di fronte a questi piccoli, fragili, scartati ... (Profughi, poveri, fuggiaschi, clandestini, ... uomini e donne del mondo). È pesante come immagine, ma non rispettare e non prendersi cura dei piccoli, dei poveri, degli indifesi, degli scartati, è ferire e oltraggiare Cristo stesso in loro.

Tre parole: bambino, ultimo e servo.

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