domenica 11 marzo 2018

2 Cronache 36,14-23 / Salmo 136 / Efesini 2,4-10 / Giovanni 3,14-21
Abbandoniamo l'oscurità!

In un commento di padre Silvano Fausti ho trovato questa considerazione: "Come è relativamente semplice spiegare i racconti quando esistono racconti nel Vangelo e avviene qualcosa, si cerca di capirlo, lo spieghi è tutto è chiaro; se voi notate in questo racconto avviene niente: è un monologo ... Avviene nulla, solo che Gesù vuole spiegare come si nasce dall'alto. (...) Ecco, allora vi accorgete che questo testo non ha bisogno di essere spiegato ... Se lo guardò con attenzione, mi spiega dentro, mi fa aprire tutte le mie pieghe, per farmi entrare nella profondità del mio spirito e farmi capire chi sono io e chi è lui. Siamo di fronte a una illuminazione".
Il dialogo tra Gesù e Nicodemo avviene di notte. Nicodemo è confuso, ha bisogno di una luce che lo guidi nel dare senso alla sua vita. Forse questo è vero anche per noi, ma c'è troppa tenebra attorno a noi, e forse ci stiamo abituando a usare degli occhiali scuri per filtrare ogni raggio di luce.
Nicodemo, in quella notte di cui racconta il Vangelo, viene attratto da una luce, è la luce di Gesù, egli riconosce nel Signore la vera luce del mondo; in quell'incontro scoprirà come quella luce permetta di vedere senza "filtri scuri" e di vedere quello che è di Dio.
A questo punto direi che anche per noi è necessario attrezzarci in ogni modo per abbandonare l'oscurità e la tenebra, e cercare la luce che brilla nelle tenebre, diversamente la tenebra oscurerà tutto di noi e in noi si spegnerà pure l'amore ... Ci trasformeremo in uomini e donne del buio e amanti delle tenebre.
Cosa può significare amare le tenebre?
L'evangelista Giovanni più volte dice che Gesù è la luce, lui è la luce della vita ... anche per la nostra vita. Per cui credo si possa affermare che amare (preferire) le tenebre significa prima di tutto non amare Gesù! Non desiderare di amarlo ... trascurarlo ... disinteressarsi ... dimenticarlo ...
Noi, non possiamo permettere al nostro cuore di diventare freddo e buio, é necessario amare la luce, occorre imparare ad amare a luce! A vedere grazie alla luce come la realtà prende forma.
Lasciate che le parole di Gesù ci illuminino significa essere nella luce, essere con la luce, significa amare Gesù e amarlo al punto che tutto si riveste di lui e quindi partecipare alla narrazione dell'amore di Dio.
Se amiamo Gesù ... e diventiamo sua luce anche noi saremo luce ... Luce per chi è nella tenebra.
Più volte Giovanni ci ha detto che Gesù è la luce, la sua vita, il suo stile, il suo amore per gli amici, il suo ascoltare, la sua forza per la verità ... Tutto questo è luce!
Se la luce di Gesù brilla in noi, cioè se vogliamo amare come lui amava, se desideriamo i gesti che lui faceva, se siamo disposti alla tenerezza e alla Misericordia, allora la luce non può non brillare in noi, e se anche in noi ci sono delle tenebre, la luce scaccerà la tenebra e si aprirà all'orizzonte l'amore di Dio ...

1 commento:

  1. "La finestra"
    Due uomini erano ricoverati in ospedale, nella stessa stanza. Entrambi erano molto malati.
    Uno dei due era vicino alla finestra e ogni tanto si sedeva sul letto, mentre l’altro era sempre sdraiato. Fecero conoscenza ed iniziarono a parlare di loro, le rispettive famiglie, il lavoro, di tutto un po’. Quando non parlavano delle loro storie, quello vicino alla finestra iniziava a descrivere all’altro quello che era visibile oltre i vetri.
    L’uomo che era sempre sdraiato poteva così partecipare al racconto e sentirsi rincuorato. La finestra dava su un bel parco, con un laghetto sempre vivo perché i bambini giocavano intorno, mentre sull’acqua scivolavano placidi cigni ed anatre. L’uomo descriveva ogni particolare, raccontava la bellezza del cielo terso ed azzurro, parlava di due innamorati che camminavano nel parco tenendosi per mano, mentre i fiori delle aiuole mostravano i colori più variegati e intensi, immaginandone i profumi. Laggiù, un po’ in lontananza, si notavano i tetti della città, tra viali alberati.
    Ogni giorno c’era una novità, come quella volta che passò la banda per la via principale. Certo, i suoni non si udivano, ma potevano essere immaginati. L’altro uomo, infatti, chiudeva gli occhi nell’ascoltare i racconti, e a modo suo fantasticava per vedere il film del racconto nella sua mente.
    Il tempo passava, giorno dopo giorno, e questi dialoghi alleviavano un po’ il peso del lungo ricovero. Un mattino, l’infermiera di turno notò qualcosa di diverso e, nell’accostarsi all’uomo vicino alla finestra, si rese conto che era deceduto, sicuramente morto nel sonno. Il suo viso era sereno, neanche sembrava fosse stato malato.
    Appena fu possibile, l’altro uomo, quello sdraiato che nulla poteva osservare e che aveva a lungo ascoltato la descrizione di ciò che era oltre la vetrata, desiderò spostarsi di letto.
    Chiese all’infermiera se era possibile. Un gruppetto di infermieri realizzò il suo desiderio, spostandolo nell’altro letto, vicino alla finestra.
    A fatica, l’uomo cercò di sollevarsi quel tanto che poteva, poggiandosi sui gomiti, per poter finalmente vedere tutto il bello che aveva sentito nelle parole dell’amico. Ma tutto ciò che vide fu un muro desolatamente bianco che non consentiva di vedere altro se non uno spicchio di luce. Non c’erano laghetto ed aiuole, non c’erano bambini, né viali, né cigni. Mai sarebbe passata una banda. La sorpresa gli parve incomprensibile e quando l’infermiera passò nella stanza le raccontò l’accaduto per avere un suo parere. La sua sorpresa e commozione furono ancora più grandi nell’apprendere che l’uomo non poteva vedere nulla, neanche il muro bianco, perché era completamente cieco.

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