giovedì 8 marzo 2018

Geremia 7,23-28 e Luca 11,14-23
... non mi hanno ascoltato ...

È facile pensare a queste parole di Geremia e relegarle alla realtà nella quale il profeta si trovava a vivere, quindi, ritenere che il contenuto sia rivolto agli abitanti di Gerusalemme e al popolo di Israele di allora.
Troppo facile ... forse anche volutamente troppo facile!
"Invece di ascoltarmi ... mi hanno girato le spalle ... sono diventati indifferenti alle mie parole al punto che non se ne curano più, questo è peggio di ciò che hanno fatto i loro padri che erano ribelli ..."
Non è forse sordità giustificare come invasione il problema della migrazione dimenticando l'ospitalità come principio fondante del rapporto con il forestiero?
Non è forse sordità giustificare come evoluzione sociale la "rottamazione" della famiglia, che è a fondamento dell'antropologia cristiana e credente?
Non è forse sordità alla parola di Dio l'indifferenza nella vita cristiana, e il dismettere ogni segno ed esperienza che confermi attraverso la religiosità la fedeltà a Dio? Siamo per la maggior parte discepoli ipocriti e tiepidi: "Dirai loro tutte queste cose, ma non ti ascolteranno; li chiamerai, ma non ti risponderanno."
Ma io come mi metto in ascolto? Come mi pongo in un ascolto che plasmi e trasformi il mio cuore e le mie durezze?
Perché ciò possa accadere, la Parla deve essere prima di tutto ascoltata e deve risuonare costantemente ... occorre farne memoria.

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