martedì 19 novembre 2019

2 Maccabei 6,18-31 e Luca 19,1-10
Il frutto della preferenza

Come è possibile raggiungere la forza morale e la perseveranza spirituale di Eleazaro? Come è possibile non indietreggiare neppure di fronte alla paura della morte? Che cosa muove il cuore e la sua mente di Eleazaro, al punto di essere fedele a Dio fino al sacrificio di sé stesso? Che cosa sottende il timore dello scandalo dato ai più giovani?
Ci sono esperienze le quali ogni giorno ci richiedono di testimoniare la nostra appartenenza, o anche solo la nostra preferenza rivolta a Dio. Si, proprio preferenza! Signore, io ti preferisco a tante altre persone, cose e realtà perché riconosco che il tuo preferirmi dissolve la mia infedeltà e il mio vivere per me stesso. Nell'incontro tra Gesù e Zaccheo, un aspetto che diamo per scontato è proprio la modalità usata da Gesù, il suo focalizzare Zaccheo come obiettivo da salvare (la sua preferenza): "perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto"
Questa preferenza accordata da Gesù a Zaccheo, non si basa sul possibile contraccambio da parte di questo piccolo ometto, peccatore disprezzato, ma sulla necessità della sua salvezza. Egli è il segno del desiderio di Dio Padre; egli è rivelazione di come la misericordia di Dio intercetta e prende dimora nel cuore e nella mente. Ecco allora che Zaccheo reagisce alla misericordia secondo la stessa modalità della misericordia, egli vive quel dono che è la salvezza (amicizia con Gesù) come sua particolare preferenza e appartenenza. Zaccheo sperimenta ciò che nel suo essere pubblicano e peccatore gli mancava, cioè la fedeltà incondizionata di Dio, per lui. Nessuna legge morale o anche bellissimo comandamento potrà mai garantire la stabilità della nostra relazione con Dio fino alla fine, se non la fedeltà (preferenza) che Dio ci manifesta.

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