giovedì 7 novembre 2019

Romani 14,7-12 e Luca 15,1-10
Rendere conto a Dio di sé stessi!

Perché è così importante un solo peccatore che si converte?
Credo che sia proprio il modo cui Dio ci parla dell'illogicità del regno dei cieli. Secondo il pensiero di Scribi e Farisei, Gesù non avrebbe dovuto accostarsi a pubblicani e peccatori, ma nell'osservanza delle varie prescrizioni della legge avrebbe trovato la giustificazione di un giudizio di condanna. Come dire che è giustificabile sacrificare qualche pubblicano e peccatore, come sarebbe giustificata la perdita di una pecora nell'economia di un gregge, o lo smarrimento di una moneta finita nell'interstizio delle pietre del pavimento di casa. Ma Gesù ha nella sua "missio" un compito scomodo:"nulla di quanto il Padre mi ha affidato dev'essere perduto". La novità del regno dei cieli si può sperimentare e vivere, non come nuova legge rispetto all'antica, ma come il dono della pienezza della Misericordia, ovvero l'amore che porta a compimento, a maturazione il tutto. È questo presupposto che garantisce la preziosità di ogni peccatore in quanto occasione di misericordia e compimento dell'amore. Chi non lo capisce, resta fariseo; chi non riesce a convertire la mentalità, non smette di vivere per sé stesso. La gioia che dalla terra si innalza fino al cielo, come apertura del cuore alla misericordia e all'amore che ti cambia, è il frutto efficace del vivere per Cristo. Raccontare a Dio Padre il nostro vivere per Gesù, come lui ha vissuto per noi, diviene il rendiconto misericordioso in cui fare esperienza di essere pecora smarrita e moneta perduta, per cui tutto diviene possibile compimento dell'amore. Ma questo scatto di misericordia permette di percepire la preziosità di ogni pecora smarrita e di ogni moneta perduta.

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