sabato 28 dicembre 2019

1 Giovanni 1,5-2,2 e Matteo 2,13-18
La strage degli innocenti

Siamo di fronte a un passo del Vangelo di Matteo molto controverso, perla storicità e per la sua particolare lettura che pone la nascita e la vita di Gesù bambino in parallelo con la nascita e la vita di Mosé. Ma forse conviene non esporsi e dilungarsi in analisi letterarie e approfondimenti storici e archeologici. Certamente per l'evangelista questo racconto costituisce una giustificazione circa il silenzio di Nazareth. Dopo la popolarità "nascosta" a Betlemme, della nascita del Salvatore; dopo l'annuncio discreto e la rivelazione al mondo attestata dai Magi; tutto si nasconde prontamente a Nazareth per circa trent'anni. Matteo sembra proprio avvertirci di un necessario "nascondimento" per tutelare il bambino fino alla maturità, per compire la sua missione. Tutto questo, di fronte anche alla crudeltà oggettiva di un tiranno (Erode il grande) che non si trattiene dall'ordinare l'uccisione dei piccoli di Betlemme (un numero stimato trai i 20 e 30 bambini). Come collocare quindi il racconto? Lo collochiamo nella rilettura ispirata dell'intero quadriforme Vangelo, cioè nel contesto della comprensione della scrittura:"Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, ad educare alla giustizia" (2 Timoteo 3,16). 
Il Verbo di Dio Padre, entra nel mondo, Venne tra la sua gente (...) e le tenebre non hanno prevalso, non lo hanno sopraffatto (...), questo perché non è il mistero dell'iniquità e del l'ingiustizia che può prevalere davanti a Dio, ma la venuta del Figlio concretizza per sempre la tensione alla giustizia, alla salvezza. La strage degli innocenti è immagine disumana di una giustizia negata che invoca redenzione, non vendetta, ma una misericordia riparatrice che si impara ad attendere (il tempo del silenzio), con pazienza e speranza. I sentieri della storia, in cui si dispiega la volontà di Dio, sono sempre i più difficili. 

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