venerdì 6 dicembre 2019

Isaia 29,14-24 e Matteo 9,27-31
... Gli occhi dei cechi vedranno ...

Una nostra esperienza quotidiana ripercorre i passaggi del Vangelo, quella della luce e della tenebra. La tenebra che riconosciamo in noi quando ansietà , preoccupazioni, turbamenti attraversano la nostra giornata. Si affacciano e ne restiamo "traumatizzati" poi in uno slancio di "fede" magari pensiamo al Signore, oppure semplicemente diciamo anche con altre parole: "Signore figlio di Davide, abbi pietà di me ...", e succede che le tenebre si lacerano e magari si intravede uno spiraglio di luce, oppure semplicemente quella tenebra è più sopportabile. Questa è la vita, ma quella dello spirito dove si alternano e confrontano desolazione (tenebra) e consolazione (luce). Chi non sperimenta questa tensione, forse semplicemente è acerbo nella dimensione dello Spirito e per lui la tenebra occupa tutto il suo spazio esistenziale. La fede dei due cechi è esperienza della loro vita, nella quale Gesù trova subito un suo spazio per agire, appunto secondo la loro fede, secondo il loro desiderio, secondo il loro bene. Ecco che un raggio di luce rompe la tenebra fisica, ma anche quella lotta interiore e permette ai due, ormai non più cechi, di essere luce rispetto alle tenebre circostanti:"Ma essi, appena usciti, ne diffusero la notizia in tutta quella regione".
Essi, nella nuova luce escono, vanno fuori e diffondono il fatto accaduto, cioè, come la fede in Gesù li ha guariti, li ha sanati/salvati. Questa esperienza si colloca a vari livelli della nostra esperienza umana. Il livello spirituale (dello spirito) ci dice come ogni appello a Gesù, al figlio di Davide ha in sé una forza dirompente e salvifica, è liberazione, riscatto e consolazione, è un "avvenga" della e nella fede.
Oggi la mia parola in entrata è: "avvenga"

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