mercoledì 4 dicembre 2019

Isaia 25,6-10 e Matteo 15,29-37
Sentì compassione ...

È un vero Dio dal volto umano quello che Gesù rivela nel suo mondo guardando le folle che sono arrivate da tutte le parti per incontrarlo. La gente si è mossa dai villaggi intorno al Lago e dalle città della Galilea, per vederlo, per ascoltarlo e per cercare quella guarigione del corpo e della vita, che solo la speranza in un miracolo ne giustifica lo sforzo. Infatti l'evangelista descrive la folla soffermandosi proprio su ciò che questa gente porta con sé: "(...) zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì (...)".
Oggi, cioè nel tempo della realtà, occorre partire dai sentimenti di Gesù, per dare forma alla nostra umanità in Cristo. Non bisogna staccarsi dal riferirsi a Gesù per una esistenza veramente: una vita intrecciata visceralmente con la Sua. Solo così la compassione acquista i tratti di un sentimento divino e non puramente di benevolenza. La compassione di Gesù esprime infatti l'attributo fondamentale di Dio: compatire significa "patire con; senti l'altro parte di te, e Dio che ci ama ci sente come l'altra parte di se stesso, sente tutti i nostri bisogni, le nostre fami e anche e nostre gioie" (Silvano Fausti).
Un Dio che ha compassione è un Dio simpatico, è Dio che ti sente come te, e ciascuno di noi sperimenta che è vera compassione e simpatia quando l'altro è davanti a noi e non sottomesso a noi o strumento per noi. Questa relazione nuova, compassionevole è il cuore della conversine relazionale o meglio, del rendere umani noi stessi.
La mia parola in entrata oggi è "compassione".

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