giovedì 13 agosto 2020

Esechiele 12,1-12 e Matteo 18,21-19,1
Per la Diocesi di Imola, liturgia propria, è Solennità del Patrono
Un cielo di condoni

Dopo aver parlato loro del Padre, dopo aver chiesto ai discepoli di fare della stessa misericordia il criterio delle loro relazioni, il primo ad andare in "crisi" è il primo degli apostoli. Pietro non riesce a capire l'estensione non misurabile della misericordia.
È di fronte a questa fatica - tipicamente umana - che Gesù torna a parare in parabole. Ripropone a Pietro una introduzione ormai nota: "Per questo, il regno dei cieli è simile a ..." Sembra quasi che Gesù, riprendendo le parabole già dette, voglia ribadire che si sta parlando della stessa cosa. Ciò che Pietro non capisce, ciò che per lui resta una questione "farisaica", una questione di precetti, è che la misericordia rende presente e operante il seme, la perla, il tesoro, il lievito, il pastore, il granello di senape, ecc... 
Ogni immagine parabolica usata da Gesù trova la sua piena realizzazione nell'esperienza della misericordia: cioè nella gratuita del perdono, nella pienezza del dono e nella vicinanza, paziente e premurosa. Nella nuova parabola non c'è nessun riferimento ad un agire misericordioso in ragione di 10, 15 o 20 volte, come neppure di 70. Le logiche che derivano da la misericordia non sono quantificabili, per il fatto che traducono ed esprimono il Regno dei Cieli, realtà esistenziale e di mistero.
Ed ecco che per Pietro si dispiega la logica del condono; da un punto di vista umano è esperienza legate a una legislazione che mira a fare soldi per ricreare una regolarità, nella logica del Regno dei Cieli, il condono supera il tempo ed è la condizione personale in cui ogni discepolo può sentirsi parte della misericordia di Dio, toccato personalmente dalla misericordia, per agire a sua volta, in forza della misericordia.

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