giovedì 26 novembre 2020

Gerusalemme sarà sempre ricostruita ...

Apocalisse 18,1-2.21-23;19,1-3.9 e Luca 21,20-28


Non credo esista, sulla terra, una città che ha subito distruzione, devastazioni e ricostruzioni come Gerusalemme. Più volte gli eserciti l'hanno accerchiata e assediata; hanno fatto breccia nelle sue mura, colpendo di spada i suoi abitanti. L'immagine dal tenore apocalittico, non diviene quindi una visione futura, di ciò che accadrà, ma una contemplazione di ciò che è accaduto nel passato e di quanto anche il presente ci conduce a vivere e sperimentare. Anche questo nostro tempo, suscita la stessa ansietà che il Vangelo sembra evocare. 
Ci sentiamo circondati, forse non da un esercito, ma da un nemico che riesce a disgregare la nostra forza interiore; ci umilia nelle certezze; ci annienta negli affetti e nelle relazioni. Gerusalemme non è più la città dell'Antico Israele, ma diviene simbolo di una umanità sofferente e oppressa che vede avvicinarsi un tempo di sovrumane incognite. Ecco che come di fronte alla devastazione della Città Santa, il Signore non cessa di aggiungere un compimento di speranza: "Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina". È questo tempo di crisi anche il tempo in cui sperare; il tempo in cui la preghiera dilata lo spazio del cuore e apre alla supplica, e alla invocazione. È il tempo in cui occorre rinnovare e ritrovare la confidenza di sempre. Il linguaggio apocalittico, ridesta delle immagini di desolazione, ma Gesù non lo usa finalizzato a terrorizzare i discepoli; quelle immagini sospingono alla speranza, che mai viene meno come compimento di ogni possibilità umana.

Nessun commento:

Posta un commento