sabato 21 novembre 2020

La risurrezione è una esperienza di amore

Apocalisse 11,4-12 e Luca 20,27-40


Quando sentiamo parlare di risurrezione, spesso si intende il prolungamento della vita dopo la morte, ma Gesù non parlava della risurrezione come un prolungamento, e neppure intendeva la rianimazione dei corpi dopo la morte.
Oggi giorno, come al tempo di Gesù, sono in molti che non credono nella risurrezione e soprattutto alla possibilità di tornare in vita dopo la morte. La comprensione della realtà, e lo sviluppo delle tecnologie, ha posto molteplici interrogativi circa l'esistenza, ma hanno anche chiuso il senso di mistero che era insito nella vita. Per cui per molti la vita è l'unica realtà tangibile di esistenza - si prende moglie e di prende marito -. La vita ha senso se è nella possibilità di esistenza, per cui si è cercato in tutti i modi di prolungare l'esistenza nella speranza di prolungare pure la vita, ma la qualità della vita non sempre procede con il prolungamento dell'esistenza.
La risurrezione è altro! La risurrezione non è una conseguenza, ma è un modo di esistere nel momento stesso del morire. Così come la descrive Gesù, a risurrezione ha a che vedere con la vita di relazione; con l'amare di Dio che si esprime e manifesta  nel senso della nostra vita. Se la morte interrompe la mia esistenza terrena, non interrompe l'amore di Dio per me, e quell'amore è vita, e se non viene meno, tantomeno viene meno la mia vita. Credere nella risurrezione all'ora, non significa credere in una qualche trasformazione del corpo, oppure credere a una rianimazione dopo la morte, ma significa credere che l'amore di Dio che mi chiama ad esistere non si estingue con il tempo, anzi l'amore unisce la mia esistenza alla esperienza di amare di Dio e quindi al suo modo di essere vivo, cioè di esistere eternamente: "Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui".

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