mercoledì 18 novembre 2020

Occorre salire qualche gradino per arrivare al cielo

Apocalisse  4,1-11 e Luca 19,11-28


Apocalisse e Vangelo oggi si intrecciano, creando una inusuale suggestione: non soddisfa uno sguardo morale sulla Parola; tantomeno umana lettura spirituale o esegetica. Le "forti" immagini della "Gloria" nei cieli eterni, lasciano i nostri occhi fissi in un vedere che non va oltre il registrare l'immagine. Giovanni descrive il tutto fissandone i cui contenuti, che sembrano chiari, ma con altrettanta ed estrema difficoltà riusciamo ad applicarli alla realtà. Forse azzardo a dire che per quanto la realtà ci rimandi al creatore, al Dio di Israele, le immagini non possono contenere e spiegare la "Gloria" e la presenza dell'altissimo. Tutto è coinvolto nel cercare di illustrare, ma la visione è realmente solo una mediazione. Ogni tentativo di codificazione sarebbe a mio avviso strumentale e riduttivo. Anche il Vangelo, attraverso il linguaggio parabolico vuole convocarci alla presenza di Dio; richiamandoci non solo alla nostra responsabilità per il momento presente, ma soprattutto il nostro esserci nel momento presente, come pure l'esserci del Re. La sua lontananza, se così vogliamo considerarla, non sarà mai una assenza, ma la sua lontananza è sempre un ritornare, un convocare e un giudicare. Le monete affidare, cioè il "dono" dell'esistenza, gli appartengono, e di questa esistenza, nel nostro presente dobbiamo rendere conto (tema del giudizio).
Vorrei riuscire a farvi capire come la gloria di Dio, è la sua presenza, è il suo esistere che si rivela e manifesta nel suo tornare costantemente nella realtà presente. Ecco come che il "Dio con noi" è fedele alla sua promessa. Se la realtà, ora, non rivela il mistero del "ritornare", non sarà forse che stiamo vivendo l'esperienza di chi ha ricevuto una moneta, ma nella complessità della vita abbiamo dimenticato che non era nostra e che ci era stata affidata? A volte preferiamo dimenticare, piuttosto che fare memoria.

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