sabato 7 novembre 2020

La ricchezza della carità.

Filippini 4,10-19 e Luca 16,9-15


Paolo ha vissuto con estremo rigore il rapporto tra il necessario e il superfluo, potremo dire che è un maestro di sobrietà ed essenzialità, ma questa sua condizione non ha voluto dire chiudersi alla carità che deriva dal dono gratuito di chi lo ama.
Il giusto rapporto che Paolo descrive con: "ho imparato a bastare a me stesso in ogni occasione", non è un vanto di orgoglio o di autoreferenzialità, ma dice la volontà di non essere di peso ad alcuno, sfruttando intenzionalmente l'altro per il proprio fine. "Bastare a se stesso", dice la volontà di mettere in gioco tutto di se, senza nulla trattenere per pigrizia e inerzia/accidia; dice anche il grande senso di responsabilità circa il dono ricevuto, che non è per un uso esclusivo, ma è per rendere se stessi dono per gli altri. In questo modo la vita di ciascuno diviene ricchezza anche per tutti i fratelli. L'altra condizione che anima Paolo è l'esperienza della comunione nella carità. Il dono di chi ti ama, non è mai una l'elemosina, ma è una espressione di tenerezza e di profonda vicinanza. Il dono dice che non sei mai solo; il dono avvicina la condizione di prova e di disagio agli amici e ai fratelli, rendendoli partecipi nella compassione. La carità ha questo di straordinario: eleva il dono all'azione di grazia. Il giusto rapporto, quindi, tra "bastare a se stessi" e il "dono ricevuto", forma nel discepolo, il senso della carità operosa e della comunione o condivisione dei doni di Dio. Questo presupposto è fondamento della economia di comunione che si pone come alternativa della economia del profitto, causa prima della grande povertà che si vive in questo mondo. Teniamo presente che 2135 persone sulla terra detengono il 60% della ricchezza economia di tutto il mondo; una ricchezza che apparterrebbe, per dono naturale, a 4,6 miliardi di uomini e donne. Che divario ... Beati i poveri ... 

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