sabato 10 novembre 2018

Filippesi 4,10-19 e Luca 16,9-15
Non è il vostro dono che io cerco ...

Di fronte alle nostre elemosine, donazioni e calcoli circa l'economia della comunità, a volte più una spilorceria che un segno di carità, Paolo mette in luce come tutto nella vita delle comunità è strettamente e relazionalmente legato. Se non fosse stato per i Filippesi, la sua missione sarebbe stata ampiamente compromessa; ora la gratitudine di Paolo verso il Signore e loro stessi (i Filippesi) non è la conseguenza del dono ricevuto, ma è il frutto dello stupore di come la grazia di Dio ha operato in lui, come in loro.
Il fondamento delle nostre elemosine non è la contingenza dei bisogni, ma è l'urgenza della predicazione, affinché non venga meno la "predicazione del Vangelo"; affinché risuoni nel nostro mondo il Kerigma, l'annuncio di salvezza. Ogni sforzo, ogni elemosina deve coronare la Parola nell'edificare la Chiesa corpo di Cristo. Questo è vero sempre, altrimenti tutto si trasforma in una beneficenza e si svuota di significato, cioè del nostro agire in Cristo. Anche in questo si comprende la diversità tra dell'agire cristiano rispetto all'agire di un uomo buono! Il nostro agire ha sempre Cristo come inizio, come contenuto e come fine.
È questo lo sguardo di Gesù, Paolo ne rivela tutta la luminosità; essa evidenzia gli umani attaccamenti alle ricchezze di questo mondo (tutte le ricchezze, grandi e piccole; materiali e virtuali ...). L'uso delle cose del mondo non è allora per colmare i bisogni, ma prima di tutto per generare una amicizia (servire Dio) capace di accogliere ed esprimere la "Parola" che redime "il mondo abominevole agli occhi di Dio".

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