domenica 24 maggio 2020

At 1,1-11; Sal 46; Ef 1,17-23; Mt 28,16-20
Ascensione ... il nuovo modo di essere di tutto

Quanta gente in questa settimana ho incontrato in giro a correte a piedi, in biciletta o a fare sport ...
Da quando è possibile uscire di casa, in tantissimi hanno ripreso o iniziato a prendersi cura di se stessi, del proprio corpo, della propria fisicità. Ed è una cosa buona ... se Non ha un fine puramente narcisistico o di estetica personale; sarebbe un altro virus mortifero ... cioè l'altra faccia dell'individualismo...
Vorrei leggere invece questo desiderio - del prenderci cura di noi stessi - come aver compreso la necessità si prenderci cura di molto altro ... Partendo da noi, ci sono gli altri, c'è il mondo, ci sono gli ambiti di vita.
Partendo dal mostro micro mondo ci accorgiamo della necessità di aprirci al mondo intero. Ecco cio di cui sto imparando a prendermi cura. Perché devo farlo?
Perchè su questa terra non sono un ospite più o meno desiderato, ma sono il custode del creato; sono il custode di mio fratello; sono il custode della vita, della mia e di quella di questo nostro mondo. La stessa cura che riservo a me stesso, mi permette di capire quanta passione e azione devo e posso declinare al resto.
Se l’Incarnazione dice che Dio abita la terra e il corpo dell’uomo, all’Ascensione afferma che la carne umana è in Dio e la terra abita i cieli. “Colui che discese” – dice Paolo – “è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per riempire tutto” (Ef 4,10), per colmare la distanza fra cielo e terra. Ecco che in Matteo, si che sottolinea la pienezza e la totalità del potere del Risorto in cielo e in terra e della presenza del Cristo con i suoi fino alla fine del mondo, tutti i giorni ... Una presenza svela anche le mancanze, le carenze della fede, le fragilità e contraddizioni della comunità cristiana, le distanze fra il credente e il Risorto, tra la terra e il cielo
In cima sul monte degli ulivi esiste un luogo, attualmente una Moschea, in cui è presente la memoria della ascensione del Signore. I testi canonici della Ascensione ci rimandano:
- a Matteo 28,16-20, la conclusione del Vangelo, riconduce tutto in Galilea su un monte e lì il signore da il mandato ai discepoli, nulla di più;
- a Marco 16,14-19, al seguito dell'apparizione dl risorto, l'ascensione avviene nel cenacolo dopo aver parlato con gli undici;
- in Luca 24, 50-53, dopo l'apparizione del risorto, Gesù li conduce verso Betania (la strada sulla quale sorge l'attuale memoria è corretta) e da lì viene portato al cielo.
- negli Atti degli apostoli 1,6-12, siamo sul monte degli ulivi, dove Gesù ascende al cielo.
In Giovanni, in questo Vangelo non esiste un riferimento alla ascensione, se non forse, un richiamo all'innalzamento, se non vogliamo cristallizzarlo nel segno della Crocifissione.
- 1 Pietro 3,22, "Egli è alla destra di Dio, dopo essere salito al cielo e aver ottenuto la sovranità sugli angeli, i principati e le potenze".
Tornando al monte degli ulivi e al luogo della Ascensione, all'interno della Edicola ottagonale, c'è una pietra con il segno (tradizionale) di una impronta. Ecco, quel luogo è prima di tutto un segno, il segno della presenza del Risorto innalzato alla destra del Padre.
Nella mia preferenza per il Vangelo di Giovanni, piace lasciare scorrere nei "segni" la narrazione giovannea, per cui nel "segno" dell'Ascensione perché non riconoscere quel mistero di incarnazione nel tempo, di colui che è ugualmente rivolto verso il seno del Padre (Gv 1,18). Come poi anche possiamo dilatare il concetto di innalzamento alla glorificazione nella morte e risurrezione, ma questo essere innalzato non rappresenta forse il nostro di innalzamento, e l'innalzamento di tutto, attratto a Lui, al mistero di Dio: "io quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me". L'Ascensione diviene manifestazione della gloria e profonda vicinanza di tutto al mistero del Padre.
Questa vicinanza rigenera in noi, la responsabilità per ciò che ci viene affidato, consegnato ... Ascensione è allora esperienza di una vera responsabilità, quella del custodire.
Allora torno al concetto di prima, questa pandemia ci fa tanto male, ci ha isolati, ci ha avviliti, a messo in evidenza tante fragilità ... Ma ci ha anche permesso di riappropriarci della cura di noi stessi, della nostra vita naturale e  spirituale, di fede; e ci ripropone in pieno l'assunzione delle nostre responsabilità umane sul creato e verso ogni uomo.

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