sabato 23 maggio 2020

Atti 18,23-28 e Giovanni 16,23-28
Quale gioia piena?

La gioia del discepolo c'è ed è generata nell'incontro con Gesù, il risorto. Noi discepoli ci lamentiamo stesso di non sentire Dio, del suo silenzio, della sua lontananza; e scarichiamo su questo tutta una serie di domande e di dubbi.
Ma la gioia si genera proprio nel l'assaggio dalla tristezza della sua assenza, del suo non esserci (lontananza) alla consolazione dell'incontro con Lui. La gioia è quella esperienza dei discepoli che sono atterriti nel venerdì della crocifissione e morte; terrorizzati per la paura di subire la stessa fine il quel sabato di silenzio, per poi rallegrarsi nel vedere il Signore vivo e risorto, nel cenacolo quel orino giorno della settimana.
Ma tutto ciò sembra se non necessario, il percorso per giungere a rallegrarsi e a gioire con il risorto. La nostra vita da discepoli, allora, non nasce se non in un travaglio del parto. Dove si fa esperienza della tristezza e poi del rallegrarsi.
Il risorto per tutti noi, deve corrispondere, nella nostra vita, all'azione dello spirito di Dio, che ci fa riconoscere i segni del suo amore ore noi. Il Risorto è esperienza inverata dell'amore di Dio per ogni uomo, è in ogni tempo. L'amore di Dio si è donato dalla croce nel venerdì; si è condiviso tra dubbi e terrori, con tutti noi nel sabato; ci raggiunge e dimora in noi a partire dalla risurrezione. È l'esperienza del suo amore per ciascuno di noi, che quando sprigiona in noi il desiderio di corrispondergli, rende attuale il vedere e riconoscere il Risorto con gli occhi del cuore. Come diceva la volpe al piccolo principe: "... non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi".
Con gli occhi del cuore vediamo, che Lui il risorto è la nostra gioia piena!

Nessun commento:

Posta un commento