giovedì 7 maggio 2020

Atti 13,13-25 e Giovanni 13,16-20
L'unica e vera beatitudine!

Il senso delle parole di Gesù, nel Vangelo di oggi, vanno collegate direttamente al gesto che Gesù compie, non solo come agire, ma con una valenza esistenziale: il gesto di lavare i piedi ai discepoli. Il lavare i piedi ci sconvolge, non lo capiamo, o meglio, ne sentiamo tutta la fatica e le nostre resistenze; è fuori dalle nostre logiche abituali, ma Gesù ora, come il "Maestro", non ci chiedi capire, ma di fare come lui ha fatto.
Spogliarsi delle vesti, lavare i piedi è il segno di un consegnarsi totalmente come anche di un amore senza precedenti. Gesù non ama come vertice di un processo affettivo nel quale risultiamo meritevoli di tanto amore. La vera felicità è meravigliarsi del dono di Dio Padre, che è Gesù, nostro maestro. La sua vita ci è donata perché egli, nel segno delle vesti, si spoglia della sua vita e noi ne siamo rivestiti. Quelle vesti sono le stesse dalle quali Gesù sarà spogliato prima della crocifissione e che saranno divise e tirate a sorte; la sua vita ci appartiene. Il suo amore abbatte le nostre strutture di preferenza e differenze. Il suo amare, è un amarci per primo e da prima, è un amore che ci precede sempre, e che rimane anche di fronte alle nostre rigidità. È questo che Pietro non capisce: "perché mi devi amare così?"
Forse solo, perché l'amore è Dio, ed è da Dio, e io non ne sono capace, io non sono la fonte dell'amore.
La vera beatitudine, la certezza delle felicità non è quindi nel capire il perché, ma nell'accogliere Gesù che si offre; che chiede di rivestire la mia vita con la Sua, e di lasciargli lavare i miei piedi, cioè lasciarmi amare da Lui.

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