lunedì 1 giugno 2020

Genesi 3,9-15.20 e Giovanni 19,25-34
Maria madre della Chiesa

Questa memoria mariana, il giorno dopo la Pentecoste, ci permette di capire il senso della Liturgia e dei riti della Chiesa. La religiosità si esprime nei riti, e nella Liturgia, cercando quindi una mediazione espressiva del mistero di Dio. Ma il mistero non si trattiene o si addomestica con riti e preghiere ... C'è chi crede di avere fede e di essere "persona religiosa" in forza dei riti e delle celebrazioni, ... lasciamoli pure in questa illusione ... Ma il mistero di Dio si manifesta nella vita ed attraverso la vita, e a partire dal nostro intimo.
Maria nella crocifissione del figlio entra nel mistero di Dio, del suo esserci accanto, in modo assolutamente intimo ed esclusivo. È in questa intimità che Maria riconosce la pienezza della sua maternità: non solo del figlio di Dio, ma di tutti gli uomini, di tutta la Chiesa. Gesù morendo, effonde lo Spirito che riempie ogni cosa, ed inizia così, a rinnovare l'universo. Questo rinnovarsi coinvolge subito Maria e il discepolo amato e in Giovanni, Maria, diviene madre sua e degli uomini di ogni tempo, razza e genere. Giovanni è il figlio amato, ma ora si ritrova a rappresentare tutti i figli di Dio dispersi, che costituiscono la Chiesa di Cristo. Dire Maria madre della Chiesa non corrisponde quindi a una formula litanica rituale; quella maternità si genera intimamente in Maria, nella passione e morte del figlio Suo; quella maternità fiorisce nella risurrezione come presenza di Gesù vivo nella comunità dei discepoli, la Chiesa. La maternità di Maria oggi anima la Chiesa per ciò che essa - per essere volontà di Dio - deve esprimere e donare al mondo: "vicinanza materna".
  

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