venerdì 16 aprile 2021

La crisi ci fa bene

Atti 5,35-42 e Giovanni 6,1-15


A richiesta di una amica, da oggi farò la meditazione tenendo come riferimento gli Atti degli Apostoli, cioè la Prima Lettura.
Questa attenzione ci condurrà, credo, a guardare l’esperienza dell’origine della comunità dei discepoli di Gesù, per connetterla con la storia di oggi, con la quotidianità della comunità cristiana nella quale viviamo.
I primi tempi dopo la morte di Gesù, i primi anni, sono interessanti per rileggere le origini alla luce non di una semplice persecuzione, ma come occasione di confronto tra la fede in Gesù e le istituzioni religiose del tempo. L’incomprensione, lo scontro, la distanza, mascherano una triste realtà: le strutture religiose e la prassi non sono opera di Dio ma dell’uomo; forse nemmeno dei credenti. Una delle espressioni che con più forza ritornano nei primi capitoli di Atti è “occorre obbedire a Dio piuttosto che agli uomini”.
Eppure Dio è all’opera e non cessa di agire per portare a pienezza la creazione, il tempo, lo spazio ... l’uomo; per dare piena visibilità alla salvezza in Cristo. In questa visibilità abita la Chiesa.
Mi piace pensare come la Chiesa nasca non come riconoscimento trionfale dell’opera di Dio, ma come conseguenza dell’opera di Dio nelle tante fasi di crisi e fragilità della storia umana. La Chiesa sempre, allora, deve cercare di obbedire a Dio piuttosto che alle premesse e ai progetti degli uomini, per quanto religiosi possano essere.
È in questa prospettiva che una “crisi”, o anche un tempo di transizione come il nostro, non può buttarci a terra, ma nella stessa obbedienza a Dio scoprire la Letizia di vivere le fatiche del quotidiano nel nome di Gesù. Questo dovrebbe essere un presupposto fondamentale della vita dei Cristiani, e non solo delle origini.
Questo ci permetterà di recuperare la nostra testimonianza il nostro annunciare che Gesù è il Cristo, nella ordinarietà della vita, e non la prassi consolidata da una struttura ecclesiale. Struttura che ha dimostrato tutta la sua inadeguatezza rispetto all’umano, e che va quindi accompagnata in un recupero di identità che altro non può essere che obbedienza alla Parola di Cristo e alla volontà del Padre.

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