domenica 18 aprile 2021

Mangiamo insieme!

At 3,13-15.17-19; Sal 4; 1Gv 2,1-5; Lc 24,35-48


"Cambiate vita", dice Pietro agli abitanti di Gerusalemme ... Loro che avevano tradito Gesù, lo avevano rinnegato e abbandonato nelle mani dei romani.
Ma io perché dovrei cambiare vita? La mia vita che cosa ha poi di così sbagliato perché debba cambiarla?
Ci siamo abituati a vivere così, in questa nostra quotidiana abitudine che diviene quasi una forma di indifferenza: il lavoro, lo studio, il mangiare, il giocare, gli amici ecc ... Anche la pandemia ...
Anche la nostra comunità, in questo tempo di epidemia virale, dopo aver rinunciato alla gloriosa festa popolare conosciuta declamata da migliaia di persone; dopo aver ridotto ogni forma di contato e di incontro che permetteva la condivisione; dopo essersi accorta che si può disertare il Catechismo e l'ACR, che si può pure fare senza i sacramenti della Confessione e dell'Eucaristia; dopo aver smarrito la santificazione del giorno del Signore, e dopo tutto questo ci si è accorti che non sono caduti fulmini dal cielo; sembra quasi che Dio l'onnipotente distrattamente non intervenga ...
Dopo tutto questo la pandemia è ancora qua, passando tra noi e scegliendo chi colpire, ma anche a questo ci stiamo abituando, "uno sarà preso e l'altro lasciato" dice il Vangelo ... Ora poi con il vacino andiamo avanti con la prospettiva delle riaperture, che la politica ci prefigura come ripresa di una normalità ... Ma neanche in questo c'è slancio, come non riemerge il desiderio del ritorno a quella vita di prima, spesso così frenetica, crisi spensierata e anche un po' arroganze e prepotente.
Ci stiamo abituando a vivere anche così, ormai avviliti e sconfitti dalla realtà quotidiana che non riuscivano a modificare, non riusciamo neppure a immaginare cosa sia una vita diversa ma soprattutto a che cosa serva una vita diversa.
Lo stesso Papa Francesco all'inizio di questo anno diceva: "Fin dall’inizio è parso infatti evidente che la pandemia avrebbe inciso notevolmente sullo stile di vita cui eravamo abituati, facendo venire meno comodità e certezze consolidate. Essa ci ha messo in crisi, mostrandoci il volto di un mondo malato non solo a causa del virus, ma anche nell’ambiente, nei processi economici e politici, e più ancora nei rapporti umani. Ha messo in luce i rischi e le conseguenze di un modo di vivere dominato da egoismo e cultura dello scarto e ci ha posto davanti un’alternativa: continuare sulla strada finora percorsa o intraprendere un nuovo cammino”.
All'invito di Pietro a cambiare vita, oggi fanno eco le parole del suo successore: occorre "intraprendere un nuovo cammino".
I discepoli di Emmaus, dopo l'amarezza e la sconfitta, riconoscono Gesù perché Lui si fa riconoscere e dà loro la forza e l'entusiasmo di intraprendere ancora il cammino che li riporta a Gerusalemme, per dire che il Signore è vivo, che è risorto.
In tutto quello che stiamo vivendo, come quotidiana amarezza di una sconfitta, non riconosciamo anche l'occasione per riappropriarci della nostra esperienza cristiana. O forse per la prima volta nella nostra vita, di prenderne coscienza.
Non è questa prospettiva il risorto in mezzo a noi?
Cosa significa essere di Cristo oggi? Come mostrare la mia vita cristiana? Come narrare che il Signore è risorto ed è vivo e che vuole dare senso anche a ciò che viviamo oggi.
Come quel giorno, nel cenacolo, nella suggestione e paura di molti discepoli, Gesù chiese prima di tutto di essere accolto come un amico che torna da lontano, come un caro amico da abbracciare con gioia. Non come un fantasma spirituale da invocate, da ricordare, e celebrare, ma come un amico da toccare, da abbracciare e da amare.
Oggi capiamo che possiamo ancora mangiare insieme e fare comunione, possiamo toccare le tue piaghe, che sono le ferite del nostro mondo ma, che non dobbiamo solo subirne il dolore, ma che possiamo anche prendercene cura.
Stare con lui, mangiare con lui, ascoltare le sue parole ... Ed ecco che succede una cosa nuova, mi scopro capace di ascoltare la Parola di Dio e di riuscire a vivere questo nostro tempo, anche se difficile. Mi accorgo di avere in me quella intelligenza che mi rende capace di guardare in profondità, riconoscendo con stupore i semi buoni che ancora sono gettati tra le zolle della nostra terra; mi scopro capace di una gioia che è la gioia di Gesù, mi sento accarezzato dalla amorevolezza che ha verso di me e verso tutti. Scopro quanto è importante e necessario, per cambiare vita, valorizzare la vita dei fratelli, e soprattutto percepirla come una occasione di comunità e comunione per camminare insieme verso i cieli nuovi e la terra nuova. A questo serve la nostra eucaristia domenicale, a mangiare il pesce con Gesù.

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