venerdì 30 aprile 2021

Testimonianza di fede.

Atti 13,26-33 e Giovanni 14,1-6


Effettivamente un bel discorso, quello di Paolo ad Antiochia di Pisidia, un discorso che rimanda immediatamente a quello fatto da Pietro, nel giorno di Pentecoste. Che cosa rappresenta questo brano di Atti?
È la più chiara espressione di Saulo, ora Paolo, una riabilitazione di fronte alle comunità dei discepoli che lo hanno conosciuto come persecutore. È una dichiarazione pubblica di fede in Gesù Cristo, messia e salvatore. Paolo testimonia come anche attraverso se stesso, si realizza e compie la stessa parola di salvezza che nei Profeti e in tutta la storia di Israele, ha annunciato la vita, la passione, la morte e la risurrezione del Signore. Non è quindi un semplice fare memoria degli avvenimenti, ma come se a partire dalle scritture, cioè dalla parola detta ai Padri, si inserisce la storia di oggi nello stesso dinamismo di salvezza. Fare memoria del passato serve a Paolo ma anche alla comunità per comprendere il presente. Se non riusciamo a leggere la nostra quotidianità alla luce della storia della salvezza, siamo dei credenti sterili, atei, virtuali, discepoli di una memoria fossile.
Paolo, invece, partecipa pienamente del racconto che fa, che non è un rimproverare e neppure un rivendicare; egli si sente pienamente coinvolto e partecipe dello stesso mistero rivelato ai Padri. Per Paolo, la sua testimonianza è il suo atto di fede, in forma concreta. Quale è il nostro punto fede? Come si esprime concretamente il nostro credere in Gesù Cristo, figlio di Dio.

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